Domenico Guzzo presenta le mostre dell'Issr di Forlì sul Pci

Ancora pochi giorni (chiusura: 11 febbraio), all’Istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea di Forlì, per la mostra Un uomo, un sovietico, un comunista ha volato nello spazio, mentre è già stata digitalizzata Lotte feste e società. Immagini del Pci forlivese 1945-1969: entrambe a cura di Marta Magrinelli e Fabrizio Monti. Di queste mostre che ricordano i cento anni del Pci, parliamo con Domenico Guzzo, direttore dell’Istituto. «Fra i tanti archivi, custodiamo anche il vasto patrimonio documentale e iconografico, con circa 6200 fotografie e 1.300 manifesti, del Pci forlivese. In gran parte inedito, è oggi consultabile grazie a un lavoro di riordino e inventariazione».

Una mostra sul locale, e una a tema internazionale per una lunga storia.

«Tentare di andare al cuore di quella esperienza politica comporta cercare di restituire il doppio livello d’incidenza giocato dall’ideale comunista in una piccola fetta di Occidente come Forlì. La sua forza di radicamento sociale e culturale passa infatti per la capacità delle sezioni d’innestarsi nella problematicità amministrativa di un dopoguerra fatto di ricostruzione e modernizzazione, ma anche per il ruolo ideale del Pci come alfiere locale di una più vasta ricerca di un mito di progresso egualitarista, posto oltre la soglia della “fine della storia”. Presentare l’incontro tra il grande mondo e il campanile permette di mostrare così l’impatto, almeno fino agli anni Ottanta, di questa formazione politica, che nel forlivese si propose e si vide accettata sicuramente sulla scorta dell’enorme sacrificio espresso nella lotta di Liberazione, ma anche dell’impegno nella tutela del lavoro, in un primissimo dopoguerra avaro di occupazione. Costituiva inoltre un vero e proprio “sistema sociale”, capace di offrire aggregazione, ricreazione, formazione, occupazione, sindacalizzazione in una sub-regione dalle fortissime tradizioni di massa in materia di militanza politica».

E poi, la mostra su un eroe “popolare”, il sovietico nello spazio.

«Gli ideali internazionalisti del comunismo dovevano giungere alle basi popolari: e questo “compito messaggero” passava soprattutto per la costruzione mediatica di un eroe “del lavoro” e “dell’esplorazione”. Il primo cosmonauta della storia era infatti anche un cittadino comune, espressione teorica di una collettività organizzata secondo principi socialisti in grado di toccare vertici inediti dello sviluppo e della scienza».

E una tesi accomuna le due mostre?

«Se quella sul Pci forlivese punta a evidenziare aspetti materiali e contingenti dell’esperienza comunista in contesto locale, la mostra sull’eroe mira a ricordare la valenza che l’immaginario simbolico, e la sua narrazione mitizzata, giocavano sulla popolazione. Il Pci a Forlì seppe parlare infatti ai cuori e alle menti, proponendo per un verso un’aspirazione infinita all’emancipazione, e per l’altro, una concreta strada di progresso riformista, coerentemente inserita nelle sfide della ricostruzione. E lo fece anche attraverso la valenza artistica, notevole nei manifesti: scrigni di sintesi visuale capaci di condensare un universo di testi e sottotesti, e comprensibili anche dalle frange sociali meno istruite e avvezze alla pratica politica. È una capacità di focalizzazione comunicativa che fa impressione rivista oggi, con gli occhi dell’onnipresenza telematica, della riproduzione virtuale e della realtà “aumentata”».

Il 19 febbraio (ore 16.30), l’istituto presenta alla Biblioteca Malatestiana di Cesena “La Repubblica del Presidente” di Maurizio Ridolfi e Giovanni Orsina.

Info: 0543 28999

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