Distillerie Berta, il fascino discreto delle cose buone

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Ci sono luoghi, ci sono colori, ci sono gusti che, semplicemente, non possono essere intrappolati sulla carta. Il piacere dell’esperienza rimane il solo modo per afferrarli a pieno, per viverne l’intensità data dalla contemporanea percezione dei cinque sensi. Vista, udito, olfatto, tatto, gusto si mescolano ogni volta in modo differente dando forma all’unicità di un momento. Oggi con internet basta un click per poter viaggiare da un capo all’altro del mondo e ammirare in diretta le fronde della foresta amazzonica sudamericana o la “follia” cromatica dei tulipani al parco Keukenhof in Olanda. Ma solo la vista non basta a descrivere l’intimità della natura, che ha la peculiarità di essere sia oggettiva che soggettiva, per tutti uguale e per tutti così profondamente diversa. La stessa cosa accade con certi artigiani che nel corso del tempo hanno fatto la storia di un territorio e di un prodotto. E uno di questi è Enrico Berta, per gli amici “Chicco”, le cui grappe sono non solo l’essenza più pura e originale di quella filosofia di produzione nota come “barricazione”, ma anche e soprattutto il riassunto di una storia di famiglia e di un territorio, quello piemontese, che tanto del suo successo deve all’uva.

È proprio Berta, seduti sulle poltrone di uno dei salotti di Villa Prato, a parlarmi dell’importanza di tornare alla vita vissuta, all’esperienza come mezzo per conoscere davvero. Basta guardare come vive la sua passione per la zebrata Juventus, la cui fede incrollabile vive, ogni volta che può, non davanti all’anonimo schermo di una televisione, ma nella carnalità dello stadio. Partendo dalla storia delle sue grappe finiamo a parlare di politica, di storia, di filosofia, di arte, di sport. E la sensazione, dopo due ore di chiacchiere, è che non vi sia stato un solo minuto di sovrabbondanza retorica o di inutili digressioni che ci abbiano fatto perdere di vista il prodotto in degustazione, perché i distillati, così come il vino, hanno la straordinaria capacità di far unire le persone sedute attorno a un tavolo da un filo invisibile. Un filo che si chiama condivisione.

La famiglia

Protetti da un soffitto di mattoni in pietravista e con la luce di un solo lampadario a rischiarare il buio di un tardo pomeriggio piovoso di ottobre che filtra dalle finestre, Enrico “Chicco” Berta mi racconta la storia della sua famiglia. Quattro generazioni di contadini dediti alla grappa, cresciuti al punto da costruire quella che oggi è “Distillerie Berta srl”, un nome divenuto simbolo di qualità nel mondo intero.

Se fosse vero che il destino di un uomo è trascritto sin dal principio nel suo dna, allora l’inizio di questa avventura va iscritta alla data dell’11 luglio 1866, quando nacque Francesco Berta. Era il tempo, quello, in cui Roma non era ancora capitale, in cui la Spedizione dei Mille si era appena conclusa e Vittorio Emanuele II era ancora Re d’Italia. Era il tempo della semplicità e della vita rurale, del sacrificio e del rispetto delle tradizioni. Francesco, come accadeva nelle migliori tradizioni contadine, comincia a lavorare fin da bambino nelle vigne e nella cantina di famiglia. L’arte di produrre la grappa viene tramandata di padre in figlio e ognuno contribuisce a mettere un nuovo mattone sopra quell’azienda che, col passare del tempo, diviene sempre più solida.

È con Paolo Berta, però, che avviene la svolta. Con grandi difficoltà e sacrifici il più giovane della famiglia ha l’opportunità di studiare e mentre infuria la Seconda guerra mondiale si diploma enotecnico nel 1947 ad Alba. Decide, quindi, di integrare l’azienda di famiglia con l’apertura della “Distilleria Berta di Berta Paolo” a Nizza Monferrato. L’apertura coincide con il matrimonio di Paolo e Lidia Giovine. Strana coincidenza, destino o inevitabile circostanza, questa dolce unione determina una storia fondata sulla famiglia, che dà solidità e prospettive all’azienda.

Grappa barricata

Uomo attento e visionario, Paolo un giorno decide di provare a fare qualcosa di inaspettato: chiudere il prodotto ottenuto dalla distillazione delle vinacce dentro una botte di legno. Lo “dimentica” lì per dieci anni e quando finalmente decide di aprirlo scopre che la grappa non ha sofferto, ma anzi si è riposata per tutto quel tempo. Un lungo sonno che le ha donato nuovi aromi e sfumature. È l’inizio delle grappe barricate e di una nuova vita per le distillerie. Negli anni del boom economico, mentre altre distillerie cominciano a darsi un’impronta industriale, Paolo e la moglie Lidia non si fanno attrarre dall’utile. Restano artigiani e puntano alla qualità. Concetti che i figli Enrico e Gianfranco portano avanti da allora con il desiderio di «continuare a mostrarvi il fascino discreto delle cose buone».

La fondazione

Dal maggio del 2015, in seguito alla prematura scomparsa di Gianfranco Berta, le distillerie sono impegnate nel supporto agli artigiani in difficoltà con la fondazione non profit “SoloPerGian”. Gianfranco, infatti, amava il mondo dell’artigianato ed era fiero di farne parte.

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