Davide Cassani si racconta in un'autobiografia

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Campione del ciclismo e icona del mondo dello sport, Davide Cassani si racconta nel suo libro Ho voluto la bicicletta. Come il ciclismo mi ha insegnato a vivere, scritto insieme a Giorgio Burreddu e Alessandra Giardini, pubblicato per Rizzoli e disponibile al prezzo di €18 euro.

Nato a Solarolo, in provincia di Ravenna, Cassani, classe 1961, scopre giovanissimo la sua passione per la bicicletta e inizia subito a gareggiare. Tanti i ruoli che ha ricoperto nel corso della sua carriera. È stato un ciclista professionista vincendo due tappe al Giro d’Italia. È stato anche dirigente e commentatore sportivo dal 2014 al 2021, nonché commissario tecnico della Nazionale maschile di ciclismo su strada, e oggi è presidente di Apt Servizi (Azienda di promozione turistica della Regione Emilia-Romagna).

Durante la sua carriera sportiva ha partecipato 11 volte al Giro d’Italia, 9 al Tour de France e 9 ai Campionati del mondo. Una vita, la sua, fatta anche di sconfitte e delusioni, a partire da quella delle Olimpiadi di Tokyo 2021, che però, Davide insegna, non sono altro che una prova che la vita offre per fortificarci: «Nella vita bisogna sapersi adattare. Le persone si trasformano, evolvono, mutano. E tu devi essere in grado di cogliere quel cambiamento, farlo tuo, e agire di conseguenza», sostiene infatti nel libro.

Ci parli della genesi del suo libro, come nasce questo progetto?

«L’idea è nata dopo le Olimpiadi, quando sono tornato a casa sapendo che la mia avventura in Nazionale si sarebbe conclusa di lì a poco. In quel momento mi è scattata la voglia di scrivere un libro e di raccontare attraverso la mia storia quello che mi ha lasciato e trasmesso la bicicletta».

Il ciclismo è senza dubbio la sua più grande passione, ciò che la fa sentire vivo, ma senza il ciclismo dove pensa l’avrebbe portata la vita? Ha altre grandi passioni?

«Non ci ho mai pensato, sin da quando sono piccolo ho sempre voluto fare il ciclista. Non ho mai pensato a una vita alternativa. Per me è sempre stato normale correre in bicicletta, sapevo che sarebbe stato complicato, ma dal momento che era il mio sogno, il mio unico progetto è sempre stato diventare un ciclista professionista. Questo è un bel vantaggio, quando sai quello che devi fare sei già un pezzo avanti. Il problema di tanti giovani è che non sanno cosa vogliono fare da grandi mentre io avevo la fortuna di saperlo».

Quali pensa siano le qualità che un ciclista professionista dovrebbe avere?

«Per riuscire in uno sport come il ciclismo servono tanti fattori, a partire da un certa predisposizione. Oltre a ciò serve carattere, tenacia, pazienza, lungimiranza. Servono veramente tante cose ed è per questo motivo che sono pochi quelli che riescono. Puoi avere talento, ma solo con quello non vai da nessuna parte. Il talento deve essere curato e serve avere la capacità di non demordere alla prima sconfitta, ma neanche alla seconda o alla terza. Io ho impiegato sei anni per vincere una corsa tra i professionisti, e in quei sei anni ho sempre pensato che un giorno comunque sarei riuscito a vincere».

Da persona che è sempre stata nel mondo dello sport, come si reagisce alle sconfitte?

«Serve molto allenamento anche per questo. Il ciclismo è uno sport difficile, di fatica, in cui su 150 persone ne vince una sola. Sai che per ottenere un successo devi dedicare tutto te stesso e capisci che il più delle volte una sconfitta o una crisi sono delle lezioni e servono a creare quell’esperienza che alla fine è fondamentale».

Ha qualche rimpianto? Pensa che il ciclismo l’abbia costretta a importanti rinunce?

«Assolutamente no. Ho capito a un certo punto della mia carriera che non sarei diventato un campione, però ho anche capito che avrei comunque potuto avere il mio posto nel panorama del ciclismo professionistico. Sono orgoglioso di quello che sono riuscito a fare perché sento di aver sempre dato il massimo e sono sereno da questo punto di vista».

Ci parli dei suoi progetti futuri.

«Ne ho diversi di progetti. La passione che mi ha permesso di dedicare la mia vita al ciclismo è ancora intatta. Ho ancora voglia di fare, in questo mi sento ancora un ragazzino. Il mio sogno è quello di creare una squadra mia e spero di riuscire a raggiungere anche questo obiettivo».

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