Danza, "Soirée Rachmaninov" al Ravenna festival

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Nella “Soirée di musica e danza per Rachmaninov” che stasera alle 21.30 va in scena al Pala De André, si crea un’alchimia capace di rendere una bella serata, una serata da ricordare. Succede perché c’è la musica di Sergej Rachmaninov (1873-1943) compositore russo naturalizzato americano, direttore d’orchestra e pianista fra i più brillanti del Novecento, celebrato nei 150 anni (dalla nascita) e 80 (dalla morte). Per questo omaggio la sua musica echeggia dal vivo, attraverso le mani preziose della pianista Beatrice Rana fra le più richieste del momento, unitamente a quelle della sorella Ludovica Rana al violoncello e al pianoforte di Massimo Spada. A rendere unica la serata è la danza che si modella sulle note dal vivo grazie a ballerini e coreografi internazionali: Rachele Buriassi, Esnel Ramos, Oleksii Potiomkin; e poi Simone Repele & Sasha Riva che firmano un pezzo per un ensemble di dieci ballerini fra cui la faentina Chiara Dal Borgo; movimenti e interpretazione aggiungono musicalità alla musica stessa creando un unicum. A rendere più speciale l’evento sono due coreografie del tedesco Uwe Scholz (1958-2004) morto prematuramente, dallo stile unico. La voce recitante di Ettore F. Volontieri, vestito alla maniera di Rachmaninov, narra alcuni momenti di vita del compositore. Il progetto, sulla falsariga di “Serata Stravinsky” di due anni fa, è ideato da Daniele Cipriani con la consulenza musicale di Gastón Fournier-Facio. La soirée è reduce dal festival di Nervi dove è stata molto apprezzata.

Di Uwe Scholz viene eseguita “Sonata”, passo a due danzato da Rachele Buriassi con il partner cubano Esnel Ramos (1992); e poi “Trio” passo a tre in cui si aggiunge il danzatore ucraino di Kiev, Oleksii Potiomkin (1988). Gli italiani Simone Repele & Sasha Riva (attivi a Ginevra) coreografano la novità, in prima assoluta, “Alla fine del mondo” per ensemble sulle Danze Sinfoniche op. 45 di Rachmaninov. Rachele Buriassi (1987) ligure di Sarzana, può considerarsi danzatrice dei due mondi; la sua storia di ballerina è cominciata in Francia (Scuola di Rosella Hightower), proseguita in Germania nella scuola di John Cranko e nella compagnia dello Stuttgart Ballet. Da lì dopo aver studiato anche la tecnica Vaganova a San Pietroburgo, è entrata nel Boston Ballet e, dopo quattro stagioni, si è trasferita a Montréal dove dal 2019 è Principal della Compagnia Les Grands Ballets Canadiens.

Rachele cosa può dire di questa serata Rachmaninov?

«È un omaggio importante in cui rappresento la danza di Uwe Scholz, attraverso il passo a due “Sonata” con il mio partner Esnel Ramos, e “Trio” che abbiamo montato a Roma con il collega ucraino Potiomkin, lavoro molto difficile. In entrambe le coreografie spicca la musicalità delle opere di Scholz che è stato un anticipatore, creatore né classico, né contemporaneo, ma neoclassico con la ballerina sulle punte, coreografie molto difficili, una vera sfida per i danzatori per passi e per coordinazione. Poterli interpretare con la musica dal vivo di Rachmaninov, eseguita da musicisti eccellenti, diventa qualcosa di magico».

Perché ha cambiato tante compagnie nonostante si sia fatta notare fin dagli esordi?

«La chiave di ogni mio trasferimento è stata la curiosità di voler imparare sempre di più, stili diversi di scuole e paesi a cominciare da Francia e Germania. Nel momento in cui mi sono sentita appagata, dentro a una condizione confortable, ho sentito il bisogno di cambiare per non adagiarmi. Dall’Europa sono passata agli Stati Uniti, un altro mondo rispetto all’Europa, una danza più atletica, veloce, dura, stakanovista, forse anche per business, ho fatto sino a 52 “Schiaccianoci” in un mese, cosa mai successa in Europa! Negli Usa c’è una mentalità diversa, ho cambiato stile (Balanchine), ma ne è valsa la pena. Quando il direttore italiano Ivan Cavallari mi ha chiamata a Montréal, ho trovato una compagnia a metà fra stile americano ed europeo. Oggi sento di poter danzare di tutto, mi sento “piena” dopo aver danzato tanti coreografi, ma voglio ancora imparare».

Quale la prossima meta?

«Dopo otto anni in America mi piacerebbe tornare in Europa. In Italia ci vorrebbe un’apertura mentale nei confronti del danzatore, in Italia non viene considerato un lavoratore, è sottopagato come confermano tante compagnie chiuse. Non c’è sostegno nei confronti dei ballerini, basterebbe un decimo delle risorse che vanno al calcio…».

Info: 0544 249244

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