Dalla Juve alla Juve Next Gen: le due ere del Rimini

Da quel 9 settembre del 2006, giorno in cui il Rimini affrontò la Juventus, sono passati 17 anni che in realtà sembrano due ere primordiali distinte. Non è stato lo stesso avversario, è stata la Juventus Next Gen, ma non era nemmeno lo stesso Rimini. Sono due realtà appartenenti solo formalmente allo stesso genere sportivo, in realtà è come se fossimo passati dal Paleozoico al Mesozoico, in soli 17 anni. Allora c’era una Juventus ferita dalla retrocessione e vogliosa di una riscatto immediato, con tanti campioni e una capacità tale di attrazione che molti fecero l’abbonamento al Rimini solo per essere sicuri di poter vedere i bianconeri. Ieri sera c’era la formazione Under della Juventus ad esibirsi al Neri, contro un Rimini che non è nemmeno lontano parente di quella squadra biancorossa che oltre ad avere la maglia a scacchi, mise in scacco la Vecchia Signora.
Eppure ancora una volta Rimini contro Juventus, sulla carta. «Ho attraversato gli oceani del tempo per trovarti» dice un magnifico Dracula di Francis Ford Coppola interpretato dal miglior Gary Oldman di sempre quando si confessa rivedendo Mina Harker, la reincarnazione dell’amata consorte Elisabetta. Ebbene, sono passati gli oceani del tempo, sportivamente parlando, tra quel match pareggiato dal Rimini contro la Juve e la sfida di ieri sera. Se ci soffermiamo sul cammino del Rimini, possiamo dire che assomiglia molto a quello di Mosè nel deserto prima di approdare alla terra promessa, che però durò quarant’anni, mentre quello dei romagnoli potrebbe avere un approdo significativo in tempi più ridotti.
Il porto sicuro del Rimini Football Club ha un solo nome, che 17 anni fa non c’era: stadio, se vogliamo essere più larghi, campi, strutture, impianti. E’ l’unico elemento che vede la società attuale in vantaggio rispetto a quella guidata dall’indimenticabile Bellavista. Allora la Cocif, che aveva presentato un progetto sontuoso di impianto, era assediata dal pressing politico, dall’invidia di gente che diceva risolutamente no ai motori immobiliari per la costruzione dello stadio, salvo poi avvalersi dello stesso strumento per altre opere. E’ andata come è andata. In “quell’oceano del tempo” ci mettiamo altri fatti che hanno scandito la vita della società biancorossa da allora ad oggi come un metronomo delle brutte notizie: l’improvvisa scomparsa di Vincenzo Bellavista; il crack della Lehman Brothers che ha dato lentamente il via alla grande crisi finanziaria mondiale, con il mercato immobiliare che va a rotoli e coinvolge un imprenditore serio come Biagio Amati; la tragedia del ragazzo morto nei pressi della discoteca Cocoricò di Riccione che coinvolge l’attività imprenditoriale di Fabrizio De Meis; poi, tanto per non farsi mancare nulla. anche il Covid che fa retrocedere il Rimini di Giorgio Grassi a metà campionato. Quattro batoste dal quale il Rimini si è sempre ripreso, ma spesso a fatica. Ora, però, c’è una prospettiva diversa, quella dello stadio e si spera ci possa essere anche la prospettiva di una società, guidata dalla presidentessa Stefania Di Salvo, che sappia cogliere i segnali che arrivano dalla città: 2.180 abbonati ed un’amministrazione finalmente decisa ad investire sulle strutture. Se poi ingrana anche la squadra questa volta si può sperare.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui