Dal traghetto chiuso al pasto al McDonald's: l'ultima sera di Paolo

RAVENNA- L’addetto del traghetto che si sbraccia e dice: “E’ chiuso”. Un’immagine che Paolo Belletti ricorderà per tutta la vita. «Mancavano ancora cinque minuti alle 2 e avevamo già il biglietto. Non ci hanno lasciato salire». Parte da qui uno dei due ragazzi sopravvissuti all’incidente di domenica mattina in via Trieste, nel ricordare la crudele concatenazione di eventi e scelte che è costata la vita all’amico Paolo Samorì, 39 anni, travolto da un furgone mentre tutti insieme pedalavano verso Marina di Ravenna, dopo avere fatto il giro del Candiano da Porto Corsini. E’ ammaccato, ma salvo per miracolo, con una prognosi di 15 giorni tra escoriazioni, punti e traumi vari in tutto il corpo. Al telefono racconta e ringrazia, perché secondo la sua visione dei fatti, «non si può lasciare la gente a piedi in piena notte». Sull’orario è certo. «Erano le 2 meno cinque. C’erano altre auto prima di noi – continua Paolo – già munite di biglietto a quell’ora. E il traghetto stava arrivando nella sponda di Porto Corsini». Lo conferma anche un automobilista tra i tanti che a quell’ora erano in fila. Paolo continua: «L’addetto all’imbarco ci ha detto che il servizio era terminato. Abbiamo protestato, un automobilista si è arrabbiato, ma la risposta del dipendente, prima di andarsene, è stata, “non ci posso fare niente”». A quel punto le strade erano due: attendere fino alle 5 la riapertura del servizio oppure trovare un modo per tornare prima. «Un ragazzo in auto ci ha consigliato di attendere, diceva che era lunga arrivare dall’altra parte. Abbiamo provato a chiamare un taxi, senza trovare risposta, non c’è nemmeno un servizio navetta. Abbiamo allora deciso di fare passare il tempo prendendo delle paste in un forno di Marina Romea, ma mancavano ancora tre ore, e abbiamo tentato di fare il giro lungo». Lui e l’amico Mattia, entrambi di Cesena, ma anche lo stesso Paolo Samorì, che da Forlì aveva preso casa all’asta a Marina di Ravenna circa un annetto e mezzo fa, non immaginavano il rischio del tragitto: tutta via Baiona, buia e trafficata fino a Ravenna, poi il ponte mobile e il rientro di nuovo verso il mare lungo l’altrettanto pericolosa via Trieste. «Forse è stata una sconsideratezza. Il navigatore dava un’ora e mezza, indicandoci la pista ciclabile che però passava da Punta Marina – continua Paolo –. Giunti al McDonald’s ci siamo fermati a riposarci e a mangiare qualcosa. Poi abbiamo deciso di ripartire tagliando per via Trieste». L’incidente è un flash che tuttora lascia qualche vuoto. «Ricordo che c’era la luna piena che illuminava la strada, si vedeva bene. Eravamo in fila indiana, fuori dalla carreggiata. Solo io avevo le luci, Paolo era in fondo, penso senza fanali. Quando il furgone lo ha colpito mi è volato addosso. Mi sono ritrovato a terra e la prima cosa che ho fatto è stata strisciare verso il lato della strada. Mattia stava bene, era in piedi. Paolo invece era incosciente. Ho saputo che era morto la mattina, mentre facevo gli esami in ospedale». Chiara la dinamica dell’incidente, ricostruita dalla Polizia locale. Così come la causa del decesso, che ha reso sufficiente l’ispezione cadaverica senza necessità di procedere con l’autopsia. Per questo motivo si attende già oggi il nulla osta per la sepoltura.