Dai cantieri Rosetti Marino la super piattaforma per il gas

Rosetti Marino ha ultimato la costruzione di una mastodontica piattaforma di estrazione di gas che risulterà fondamentale per l’indipendenza del Paese sul fabbisogno di metano. La nazione in questione però non è l’Italia, ma la Danimarca. Un manufatto della bellezza di 5500 tonnellate, che diventano 6300 con sostegni e installazioni che serviranno al montaggio. Il valore del progetto è fra i 230 e i 250 milioni di euro e per realizzarlo ci sono volute 2,8 milioni di ore di lavoro, coincise con la pandemia.

Oscar Guerra, amministratore delegato del gruppo ravennate, ne è comprensibilmente orgoglioso. L’impianto di estrazione di gas doveva partire lunedì, ma un cluster di Covid che si è sviluppato fra l’equipaggio del potentissimo rimorchiatore olandese deputato al trasporto del pontone su cui è stato posizionato ha rinviato la partenza.

Guerra, quando vedrete quel colosso visibile dalla via Trieste abbandonare la banchina Piomboni?

«Dovrebbe trattarsi di un posticipo di circa una settimana, invieranno un altro rimorchiatore. Effettivamente la pandemia ha pesato anche su questa importante commessa, ma siamo orgogliosi di essere riusciti a gestirla mantenendo i tempi definiti e con nessun infortunio. Non è stato semplice: le piattaforme per l’estrazione di gas non si costruiscono in smartworking. Con attenzione e investimenti in sicurezza, però, è stato possibile».

In che senso, però, questo impianto sarà fondamentale per l’indipendenza energetica della Danimarca?

«Questa piattaforma andrà a comporre il complesso di otto che costituisce il Tyra2. Ce ne sono due principali, quella in questo momento a Ravenna ed una, ancor più grande, in costruzione in Indonesia e in ritardo nell’arrivo per via del Covid. Le altre sei sono semplici “teste di pozzo”, quindi secondarie. Il Tyra2 è la rivitalizzazione del giacimento strategico per il gas danese. Con quello e con una politica avviata nel 2017 improntata alle rinnovabili chiuderanno nel 2030 con carbone e con idrocarburi diversi dal metano».

Che caratteristiche ha il vostro manufatto?

«È una piattaforma costituita da due piani, dell’altezza di dieci metri ciascuno. Il piano di sotto ha il comparto elettrico, il potabilizzatore, tutta la parte tecnologica. Il piano di sopra dispone di 80 alloggi per gli 80 lavoratori che saranno lì ospitati. Saranno tutte stanze singole, ben rifinite, con disponibilità di palestra e sauna. Non penso di poter essere smentito se affermo che abbiamo ultimato la migliore piattaforma di questo tipo mai costruita».

Il vostro lavoro si conclude con la consegna della piattaforma alla Total, che ve l’ha commissionata?

«Probabilmente no. Perché ci stanno chiedendo, stante anche i ritardi sull’impianto indonesiano, di curare con l’invio di nostri tecnici l’avvio di quella che abbiamo costruito. Dovrebbe essere posizionata in un mese, ed in un mese e mezzo abitata dai lavoratori del Tyra2».

Qualcosa si muove sul fronte upstream italiano pensa si muoverà, dopo la conclusione del Pitesai e il decreto Energia?

«Guardi, proprio vero che nemo profeta in patria. Dal Mare del Nord chiedono il know how ravennate, ma per il nostro Paese non riusciamo a costruire uno spillo. Ed il Pitesai ha solo peggiorato il quadro normativo. Serve un decreto, come il Roca ha chiesto per lettera a Cingolani. Speriamo davvero si cambi direzione, l’esempio danese dovrebbe aprire qualche riflessione in Italia. Soprattutto in questa fase».

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