Curata negli Usa, la prof riminese di nuovo malata: "Non mollo, lotterò ancora"

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Sembrava sconfitto grazie alla raccolta fondi da 300mila euro e a terapie d'avanguardia in America, ma il cancro è tornato a colpire la docente riminese per cui si mobilitarono in 5mila, incluso Valentino Rossi. «Continuerò a lottare finché mi sarà possibile – ha assicurato nei giorni scorsi sul sito “Luisa vive se l’aiutiamo”-. Mi avete regalato due Natali splendidi: spero di poterne vivere altri ancora».

Il racconto partito dal 2014

Non getta la spugna la 53enne riminese Luisa Stracqualursi, docente di Statistica dell’Alma Mater al Campus di Forlì, anche se una «recente biopsia ha rivelato purtroppo una nuova metastasi». Il nemico da trincea è un carcinoma infiltrante al seno che fece il suo esordio nel 2014 per aggravarsi 5 anni dopo, nonostante diversi tipi di chemio e radio. Sostenuta da studenti e amici Luisa ravvisò, assieme all’equipe medica che la monitorava, una possibilità di cura in un’immunoterapia sperimentale disponibile solo negli Stati Uniti.

Una terapia che isola dal sangue o dal tumore del paziente i linfociti T, per poi selezionare solo le cellule di difesa in grado di individuare ed attaccare la neoplasia. A pendere come una spada di Damocle non solo il tempo, ma anche la cifra da capogiro necessaria, ossia 500mila euro. Così dopo aver dato fondo a tutti i suoi risparmi, la prof fu sostenuta da amici e studenti che avviarono un crowdfunding per racimolare, un passo alla volta, i 300mila euro mancanti per volare oltreoceano.

Un’ondata di solidarietà

Gli atti di solidarietà si moltiplicarono a macchia d’olio, varcando i confini della Romagna. Dalle parrocchie alla tv, dalla gente comune ai vip, in oltre 5mila si mobilitarono per tendere una mano alla docente. Particolarmente generoso si dimostrò il mondo dei motori. Il campione di motociclismo Valentino Rossi nella primavera del 2019 mise all’asta un suo casco autografato che fruttò la cifra di 7999 euro. In linea con il dottore, il team “Sic58” di Paolo Simoncelli, papà di Marco che donò accessori recanti la firma del pilota di Moto3, Tatsuki Suzuki. Pronto a scendere in campo a maggio anche il Rimini calcio, mentre Luisa raccoglieva in un libro intitolato “Cento perle tra le onde” le lettere scritte dai suoi allievi per confortarla.

La speranza di farcela

«Grazie sempre, di cuore, per le possibilità di cura che mi avete donato e per il tempo che, senza di voi, non avrei mai potuto nemmeno sognare di vivere». Scriveva così Luisa nella sua pagina Facebook lo scorso Natale, data a cui era giunta contro ogni pronostico. «Oggi più che mai sono convinta che “sostegno e amore reciproco” possano portarci al di là di ogni umana aspettativa», rimarcava, evidenziando che sono i momenti di vita «il regalo più bello e grande che un essere umano possa mai ricevere». A sostenerla la profonda fede, come ha ribadito ieri, raggiunta telefonicamente e pronta ad accogliere con un sorriso seppur «in una giornata non tanto buona», precisando che «non ripartirà alcuna raccolta fondi».

Ritorno in cattedra

Era il 23 novembre 2020, quando comunicò di esser «riuscita a fermare la malattia, pur non essendo clinicamente guarita». Merito della sua tempra da fiore d’acciaio, ma anche della professionalità dell'equipe del Memorial Sloan Kettering di New York e dell'Ospedale Sant'Orsola di Bologna. Finalmente era tornata ad insegnare, una vocazione la sua, più che un semplice lavoro. Non aveva tuttavia celato che la quotidianità fosse gravata di «continui esami, visite e controlli, dovuti anche ai nuovi disturbi, tutt'altro che trascurabili, derivanti dalle terapie stesse». Il Covid intanto ritardò vari trial, ma lei cercava «di non far mai venir meno il sorriso», grata, allora come oggi, della vicinanza di tanti che continuavano a supportarla nel cammino. «Nei mesi che seguiranno – conclude rinnovando il suo grazie a tutti - si valuterà l'entità del male e si potrà capire se vi sono possibilità per arrestarlo. Ancora una volta».

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