Coriano. L'incidente, il basket in carrozzina e il sogno di Mirco

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CORIANO. «Mi sono trovato di fronte a un bivio. Avevo due alternative, o abbattermi e cedere allo sconforto, oppure fare qualcosa. Così ho alzato lo sguardo e ho scelto di cambiare prospettiva». Mirco Acquarelli, 36enne riminese, racconta la forza che si può trarre da un evento drammatico. Per Mirco quel fatto è stato un incidente stradale nel luglio del 2006, che a 24 anni gli ha portato via per sempre la possibilità di muovere le gambe. Dopo aver gestito il centro giovani di Coriano, il comune in cui vive, e aver realizzato iniziative come la Karatella race, oggi Acquarelli è il team manager della prima squadra riminese di basket in carrozzina, la Riviera basket, che gioca in serie b nel girone a del campionato nazionale di categoria.
Mirco, come è nato il progetto di portare a Rimini la squadra di basket in carrozzina?
«Riviera basket è nata nel 2017 da un gruppo di amici che desideravano portare a Rimini qualcosa che non c’era. Quelli che oggi sono i miei compagni di squadra, infatti, giocavano già insieme, però a Imola, perché a Rimini non c’era la possibilità di praticare questo sport. Nello specifico, nella nostra squadra giocano persone con disabilità di qualunque tipo, e questo permette quindi a chi ha delle difficoltà fisiche di sperimentare il senso dell’unione, di fare letteralmente “gioco di squadra” e soprattutto di andare oltre gli ostacoli che la vita ci ha presentato. Se dovessi indicare un tratto che ci contraddistingue, direi infatti proprio che è la voglia di vivere. Per questo è così importante per me dar vita anche alla squadra giovanile. Permetterebbe anche ai ragazzi di avere un punto di riferimento sul territorio, oltre a persone che possano dar loro forza in un momento delicato».

Oltre all’impegno nello sport, si è dedicato a tante altre attività, come la gestione del centro giovani di Coriano o portare la sua testimonianza nelle scuole. Qual è la ragione per cui lo fa?
«Ho avuto la fortuna di andare nelle classi delle scuole per raccontare la mia vita. I ragazzi ti danno tanto, quando vedo i loro occhi che brillano capisco di aver trasmesso loro qualcosa e mi sento felice. Lo stesso è stato organizzare la Karatella race o partecipare al Ted x Coriano sulla resilienza del 2018: sapere di aiutare gli altri con la mia esperienza mi rende felice».
Prima dell’incidente, aveva mai pensato di occuparsi di questi progetti?
«No, avevo una visione della vita completamente diversa. L’incidente mi ha cambiato, ho iniziato a guardare la realtà con uno spirito differente. Più diretto, più semplice per certi versi. Soprattutto, ho scoperto la gioia dell’aiutare gli altri. Forse nel profondo di me stesso avevo già questo sentimento, ma non lo avevo mai esplorato. Di certo, non mi sarei mai immaginato di occuparmi del centro giovani, o di andare nelle classi delle scuole a raccontare la mia esperienza».

Dopo aver saputo che la sua vita sarebbe cambiata per sempre, non ci sono mai stati momenti bui?
«Come no. La “rinascita” non è stata immediata, e soprattutto non è stato facile I primi tempi ho perso 20 chili, sia per la perdita della massa muscolare, sia perché mangiavo meno, avevo meno appetito. Poi mi sono reso conto che avevo avuto la possibilità di fermarmi. Di uscire dal tran tran della vita quotidiana e ho iniziato a “scavarmi” dentro. Così, piano piano, con i miei tempi, passo dopo passo mi sono rimesso in moto. Anche perché mi sono detto: “O mi lascio abbattere, oppure faccio qualcosa”. Per questo ringrazio anche la mia famiglia e i miei amici, che mi sono stati sempre vicini. E’ stato un percorso fatto di vari step, che non considero finito neanche adesso, perché la vita è una continua evoluzione. Però posso dirmi libero di fare tutto quello che desidero fare».
Preferisce parlare di sogni o di progetti?
«Mi piace fare progetti, ma quello che mi è successo mi ha insegnato che la vita è imprevedibile. Il “segreto” secondo me, è saper apprezzare e gioire di quello che si ha nel presente, senza farsi troppe domande. Quindi preferisco parlare di sogni. A livello di squadra, il mio, è creare il settore giovanile e portare il Riviera basket in serie a. Il sogno “di Mirco”, invece, è mettere su famiglia e vestire la maglia numero 7 della nazionale di basket in carrozzina».

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