Cipriani e la Ravenna del calcio che ha voglia di tornare a sognare

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Il Ravenna cambia casa e forse questa volta torna a casa. Sì, perché le squadre di calcio – il triste Torino dell’era Cairo ce lo insegna – una residenza non l’hanno mai dentro un semplice ufficio, ma l’hanno nel cuore e nei sogni dei propri tifosi.
E se c’è una cosa che il tifoso medio del Ravenna non ha mai capito negli ultimi anni, non è tanto quali fossero i limiti di questa dirigenza, ma quali fossero le loro reali ambizioni.
Sul tema, non a caso, gli ultras giallorossi in questi anni hanno spesso tirato fuori uno striscione che ne racchiudeva il pensiero con efficace sintesi: “Meglio l’Eccellenza che questa dirigenza”. Dove per “Eccellenza” si intendeva – sia detto per i non esperti di calcio – una categoria sotto a quella attuale.
Se infatti si dovesse rimproverare un fallimento ai vertici in carica non sarebbe certo l’esito sportivo del loro progetto. Un progetto che – visti i tempi e i portafogli chiusi dell’imprenditoria locale – si potrebbe anche accettare con serenità, se non gratitudine. Quello che si fa fatica ad accettare è una cosa per certi versi più grave: il fatto che per la prima volta nella sua storia il Ravenna abbia spezzato quel filo che lo teneva legato ai propri tifosi, indipendentemente dai risultati in campo e dalla categoria. Perché, parliamoci chiaro, qui non siamo né a Milano né a Manchester e siamo tutti (forse) coscienti dei nostri limiti e della nostra storia, nel corso della quale abbiamo amato i gol di Vieri in serie B come quelli di Ristic (in Eccellenza appunto).
Eppure, nella ricchezza e nella povertà, il legame tra squadra e città era rimasto sempre intatto. Ora quel filo pare essersi spezzato da tempo. La serie D la facciamo adesso e sembra un inferno, l’abbiamo fatta con Nappi e Budellacci e ci sembrava un mezzo paradiso.
E questo avviene quando – fatta la dovuta separazione di ruoli – i sogni dei tifosi non coincidono con le ambizioni dei dirigenti.
Ora i presupposti per tornare a riscrivere qualcosa insieme ci sono tutti. A Ignazio Cipriani abbiamo poco da dire e soprattutto poco da insegnare.
Come tifosi non pretendiamo né calcio champagne né calcio Bellini né spritz alla veneziana. Ci basta un onesto Sangiovese e, soprattutto, la voglia di tornare a sognare. Bentornato a casa Ravenna.

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