Ciclismo, lungo le strade del Mondiale con Bagioli e Ulissi

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IMOLA - Il mattino ha davvero l’oro in bocca. Lo sa bene anche Davide Cassani, Ct della nazionale italiana, che ieri di buon’ora ha svegliato i suoi due convocati, Diego Ulissi e Andrea Bagioli, e da Villa Abbondanzi sulla via Emilia li ha seguiti con l’ammiraglia all’ispezione del percorso iridato di Imola 2020. E’ inutilizzabile l’autodromo, per la tappa del Campionato Italiano Velocità, ma poco importa, perché l’Enzo e Dino Ferrari lo conoscono tutti, a differenza di quelle due terribili salite (Mazzolano e Gallisterna) che solo “uno del posto” come il solarolese Cassani poteva pensare di buttare dentro al Mondiale.

Primo stop davanti alla Rivazza, per mostrare ai due azzurri da dove il 27 settembre si abbandonerà il circuito, poi un altro all’imbocco di via Bergullo e in entrambi i casi tocca al Ct anticipare a Ulissi e Bagioli quello che troveranno di lì a poco e dove fermarsi la volta successiva. I 4 chilometri abbondanti che portano gli azzurri a curvare a sinistra in via Lola filano via tranquilli, con Bagioli (all’interno della strada) e Ulissi (all’esterno) a chiacchierare ma non troppo, in fondo si sono sciroppati oltre 610 km in 4 giorni alla Coppi e Bartali e probabilmente avevano in testa un sabato diverso.

Tutto cambia quando possono sbizzarrirsi giù da via Lola, lasciando andare le gambe e potendo anche dare un’occhiata in giro, con lo spettacolo stupendo dei vigneti dell’Azienda Agricola Tre Monti, una strada che diventa più stretta ma fortunatamente senza troppo traffico, e i primi gruppetti di cicloturisti a incrociarli venendo dalla direzione opposta. Cassani cade vittima del primo selfie ai piedi del Mazzolano, quando un amatore lo riconosce e ripetendo come un mantra le parole «Forza Ct» gli strappa l’agognato trofeo, subito da spedire a qualche amico via WhatsApp a costo di farsi stirare in mezzo alla strada mentre la carovana azzurra è ripartita già da un po’. Bagioli e Ulissi si bevono il Mazzolano: qualche sbuffo nel chilometro al 9.6% di pendenza ma nulla di irreparabile e quando scollinano freschi come una rosa, ecco che tre ciclamatori (un po’ attempati a dire il vero) li incrociano e sentenziano: «Oh, quei due lì sono forti».

Sì sono forti e la maglia della nazionale qualcosa vorrà pur dire, però onestamente per riconoscere Bagioli e Ulissi “al volo” servirebbe un annuario del ciclismo in mano, molto meglio apprezzarne le virtù in discesa, giù fino a Riolo (in alcuni tratti già al lavoro gli operai per riasfaltare) e poi sui sali e scendi che li portano ai piedi del Gallisterna. Qui, con i calanchi attorno ad offrire una visuale unica, Cassani catechizza bene i propri allievi, spiegando loro che il pezzo davvero duro sarà dopo il primo km. Il cartello “pericolo frane” e le condizioni sempre peggiori del manto stradale non “aiutano”, così quando Bagioli e Ulissi arrivano al tratto al 14% ecco che la fatica, quella vera, si fa sentire. Il Ct si ferma una, due, tre volte, scende dall’auto, fotografa e gira qualche video veloce, consapevole di quanto sarà decisiva questa salita il 27 settembre.

L’ultimo pezzo del giro iridato, un “mangia e bevi” nel senso più classico del termine, serve a Bagioli e Ulissi per prendere fiato, ma quando c’è da curvare a sinistra e imboccare via Sabbioni, per gli 8 chilometri finali, Cassani li ferma e chiede attenzione. Lì la strada è perfetta, fresca di asfalto (gli operai sono passati venerdì mattina), e il Ct, oltre a sottolineare alcuni aspetti tecnici, li rassicura: «Il giorno della gara tutto il circuito sarà asfaltato come questo pezzo». Il giro è agli sgoccioli, penultima sosta alla Variante alta dopo una discesa affatto scontata e sosta all’entrata dell’Enzo e Dino Ferrari, davanti al monumento alla Ferrari. Questa volta è Cassani a fermare un ciclista per chiedergli di scattare una foto insieme ai due azzurri, con alle spalle l’opera dell’artista francese Arman. Chissà, forse un “pensierino” ai cugini d’Oltralpe, beffati all’ultimo da Imola nella corsa ai Mondiali. Perché il mattino ha l’oro in bocca, ma l’iride lo ha molto di più.

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