Cesenatico, turismo in affanno: "Stelle degli hotel da rivedere"

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A inizio estate la stagione turistica balneare prometteva di eguagliare, se non superare, quella del 2022 e invece andrà in archivio col freno tirato. Dante Delvecchio, ottuagenario operatore turistico della Riviera romagnola e gran conoscitore del settore alberghiero, prova a spiegare come mai non c’è stato il boom di vacanzieri che si sperava, mettendo l’accento anche sulle carenze degli hotel e sull’inadeguatezza dell’attuale sistema di classificazione col metro del numero di stelle. Oggi Delvecchio è in pensione ma ha esperienza da vendere: dopo assere stato negli anni Novanta presidente dell'Azienda di soggiorno prima e poi dell’Apt della provincia di Forlì-Cesena (quando ancora non era organizzata su scala regionale), ha ricoperto anche la carica di presidente di Adac Federalberghi di di Cesenatico. La sua è quindi una voce autorevole per capire come mai neppure a Ferragosto c’è stato il tutto esaurito generale, come era la regola.

Una delle ragioni indicate dagli addetti ai lavori è che, dopo gli anni del Covid che hanno dato una spinta alle vacanze a corto raggio, avvantaggiando le località turistiche romagnole, questa estate si sono affacciati lungo l’Adriatico vecchi e nuovi competitor, dalla Croazia all’Albania fino al Montenegro. Ma per Delvecchio le ragioni principali per quella che definisce «una stagione complicata» sono tre. La prima è l’alluvione di maggio, che «pur avendo toccato marginalmente la Riviera è costata tanto al nostro sistema turistico, con u’ esposizione mediatica che ha finito per “reclamizzare” quanto c’era di più disastroso». Un secondo freno è «il conflitto in corso in Ucraina, nel cuore dell’Europa», perché «alle guerre non ci si fa mai l’abitudine. Parlavo con dei clienti tedeschi di vecchia data - confida Delvecchio - che mi dicevano come proprio per questa situazione di tensione e insicurezza non se la sentivano di venire in vacanza e a smuoverli sono state le insistenze della mogli». Il terzo punto debole riguarda gli alberghi. «Molti dei nostri sono oggi invendibili. La legge regionale corrisponde le stelle alle strutture alberghiere e le regole di base per attribuirle sono ancora quelle degli anni Sessanta. Così capita che ad agosto in un albergo a tre stelle si paghi 130 euro al giorno per una pensione completa, mentre in un altro, sempre con tre stelle, ne bastino 50-60 per pernottare. Questo non è qualificante e finisce per confondere il turista». Perciò, secondo Delvecchio, «serve da Bologna che si faccia più attenzione alla Riviera romagnola, cambiando prima di tutto la classificazione degli hotel per adeguarla ai tempi, visto che è ancora ancorata a standard 60 anni fa. Ci sono camere d’hotel su cui non si è investito, non rinnovandole mai, come invece si sarebbe dovuto fare».

Vertiginoso caro prezzi dei trasporti, rincari immotivati della benzina e inflazione, talvolta da solo profitto vengono segnalate dall’esperto di turismo come «un’ulteriore difficoltà, che ha scoraggiato tanti a muoversi». Ma non è finita «I conti si fanno sempre alla fine - conclude Delvecchio - e per farli occorrerà come mai avere dalla nostra l’intero mese di settembre. Però credo che il 2023 non potrà essere considerato una buona stagione non solo in Romagna ma anche da altre parti. Le circostanze internazionali, negative o favorevoli, influiscono sempre, direttamente o indirettamente, sull’andamento di una stagione turistica». Ma ci sono buone ragioni per avere fiducia nel futuro: «A Cesenatico possiamo offrire una merce rara, che si chiama accoglienza, e la nostra città col suo inimitabile porto canale mantiene ancora una grande appeal turistico. Per conservarlo, sia la componente pubblica che quella privata devono continuare ad impegnarsi».

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