Cesena, Via Crucis dopo due anni di stop, senza cenni all'Ucraina

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Dopo due anni di stop a causa del Covid, la tradizionale Via Crucis del venerdì santo è tornata a riempire di fedeli le vie del centro. Si è articolata in quattro stazioni: due nella chiesa di San Domenico e due in cattedrale. Il rito è stato presieduto dal vescovo Douglas Regattieri e animato dal movimento di Comunione e liberazione con canti, letture e meditazioni. Tanti si aspettavano che, sulla scia del messaggio lanciato da papa Francesco, con la scena potente e di grande valore simbolico della croce portata assieme da Albina e Irina, rispettivamente russa e ucraina, venisse fatta qualche riflessione sulla devastante guerra in corso ai confini dell’Unione Europea. Invece il vescovo ha preferito fare interventi prettamente teologici prima del momento saliente dell’adorazione della croce, organizzata con modalità che evitassero contatti, sempre nell’ottica delle cautele anti-contagio. Non ci sono stati né gesti simbolici, né parole per richiamare l’attenzione, oltre che sulla passione di Cristo di duemila anni fa, su quella, tutta terrena ma altrettanto cruenta, vissuta oggi da milioni di persone sotto le bombe. La sorpresa di molti dei presenti è stata amplificata dal fatto che il vescovo si speso molto per l’Ucraina, partecipando attivamente e senza remore anche a iniziative organizzate dalla stessa comunità cesenate originaria del popolo aggredito, come in occasione del raduno del 27 marzo davanti alla chiesa di S.Anna in piazza del Popolo. Questa volta, invece, monsignor Douglas Regattieri si è voluto concentrare su concetti squisitamente religiosi.

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