Cesena, alluvionato e sfollato: "Ma niente cassa integrazione perché lavoro da remoto"

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La sua casa è stata “spazzata via” dall’alluvione in uno dei punti da subito più critici di Cesena: la via Ex Tiro a Segno. Ora “abita” dai frati cappuccini e chissà quanto tempo ancora dovrà passare nelle celle dei confratelli prima di poter tornare alla normalità tra le sue consuete mura. «Malgrado questo non ho diritto alla cassa integrazione emergenziale. E se sto continuando a percepire lo stipendio è solo grazie alla beneficenza e buona volontà gratuita dei miei colleghi di lavoro di altre zone». La storia di S.A., cesenate di 38 anni, è di quelle da tritacarne burocratico. Un classico all’italiana, che non cambia sia in tempi normali che durante gli sos massimi come quello vissuto da Cesena nelle ultime settimane. «Abito nella parte più bassa di via Ex Tiro a Segno e fin dai primi momenti in cui il Savio è uscito dalle sue sponde il mio appartamento è finito completamente sommerso da acqua e fango. Lo stiamo risistemando ed in quella zona ci sono tante persone nelle mie stesse condizioni, da tanti giorni. Serve dedicarsi completamente al recupero della casa e naturalmente, oltre che non poterla vivere, occorre spendere tante ore per provare a salvare quanto possibile e pulire al meglio ciò che è rimasto». Il 38enne naturalmente per questi motivi si è dovuto “assentare” dal lavoro. Nella vita è programmatore per una ditta di Milano e normalmente lavora al computer usando un collegamento internet. Tutte cose andate perse assieme all’alluvione della casa. «Come tutti quelli che abitano vicino a me o quasi ho chiesto alla mia azienda di poter usufruire della cassa integrazione emergenziale che è stata predisposta per questi eventi alluvionali. Ma siccome la ditta per cui lavoro ha sede a Milano poco importa che io faccia lo sviluppatore web da remoto lavorando da Cesena. La cassa integrazione non è concedibile perché Milano non è alluvionata». Per poter aiutare il cesenate tutti i suoi colleghi hanno donato in queste settimane dei propri giorni di ferie. Che hanno permesso a S.A. di poter stare senza lavorare ma di percepire comunque il normale stipendio. «Non posso far altro che ringraziarli. È una iniziativa che hanno preso in maniera arbitraria e generosa. Mi ha agevolato tanto. A me servirebbe la cassa integrazione anche perché mi ci vorranno molte settimane ancora per poter tornare a normali condizioni di vita e di lavoro. Nel frattempo dovrò però rientrare al lavoro. I miei colleghi non possono donarmi ferie all’infinito. Mi è stato concesso di lavorare per sole 6 ore anziché 8, in maniera da avere un paio d’ore al giorno in più per occuparmi della risistemazione della mia casa. Corrente, linea internet e Pc ora a casa non ci sono e dai frati cappuccini men che meno. Cesena ha predisposto gratuitamente degli spazi a Casa Bufalini per venire incontro alle persone che hanno le mie esigenze di ufficio e lavorative. Resta il fatto che concedendomi la cassa integrazione emergenziale sarebbe stato tutto molto “più semplice” per tutti. Credevo che, dopo la pandemia, che ci aveva insegnato l’importanza del lavoro da remoto, non avrei incontrato problemi burocratici simili sul mio cammino».

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