È grande l’abbraccio che da mercoledì si è stretto attorno alla famiglia Mazzini, quando si è diffusa la notizia che Michael non c’era più. Aveva 15 anni ed era nato con una malattia rara: la sindrome di Hunter, una mucopolisaccaridosi di tipo 2. Con le conseguenze di quella patologia non ha mai smesso di battagliare: lo ha fatto ogni giorno della sua breve vita e con lui la sua famiglia, con la mamma Romina in prima linea.
La raccolta fondi a scuola
Quando hanno saputo della morte del loro compagno di classe, all’istituto tecnico “Renato Serra” la reazione più spontanea è stata quella di attivarsi per una raccolta fondi. «È stata una mossa di cuore - spiega il vicepreside Davide Giunti - Un gesto spontaneo venuto dai ragazzi, dagli insegnanti, dal personale Ata, e che ha visto protagoniste le educatrici che aiutavano Michael a scuola, perché impegnava tanti cuori». Il ragazzo frequentava la classe 2A Turismo e aveva scelto questo corso anche perché è uno di quelli in cui avrebbe mantenuto gli stessi compagni e compagne dalla prima alla quinta. L’idea di fare qualcosa si è presto trasformata in un tam tam solidale «Domani nel banco vicino all’ingresso - si legge nel messaggio che girava nelle chat degli alunni - verrà posizionata una scatola per una raccolta fondi per finanziare un progetto della “Lega del filo d’oro”, associazione che seguiva Michael nelle attività scolastiche e a casa per improntare un lavoro a misura per lui». Un modo semplice e al tempo stesso concreto per tenerne viva la memoria.
Le battaglie di Michael
Quella di cui soffriva non è una malattia facile, e non lo erano nemmeno le terapie a cui per anni Michael si è sottoposto a scadenza regolare a cure, invasive e spesso dolorose. In questo percorso travagliato ha saputo con la sua famiglia cercare e coltivare alleanze. Quella con l’Aimps, l’associazione italiana mucopolisaccaridosi, con cui si erano battuti nei giorni più duri dei lockdown per ottenere di poter fare a domicilio quelle terapie salvavita. In quell’occasione la mamma Romina aveva raccontato l’importanza di quella richiesta, come andare in ospedale per un bambino immunodepresso come Michael rischiava di metterlo in pericolo quasi quanto saltare quelle infusioni fondamentali per compensare gli effetti della sua malattia. La sindrome da cui era affetto gli causava, infatti, la carenza di un enzima che faceva sì che le sue cellule, in mancanza di terapia, accumulassero mucopolisaccaridi finendo con il danneggiare organi e tessuti. Per tenerla a bada c’erano le infusioni di un farmaco, duravano anche 6 ore ed erano da fare costantemente con intervalli di tempo che non potevano mai essere inferiori ai cinque giorni e non oltre i dieci. Dopo mesi di richieste e dialogo, vinsero quella battaglia e mentre si apriva il capitolo nuovo della terapia domiciliare si chiudeva quello delle infusioni in ospedale e le parole di affetto che Romina scrisse in quei giorni per il team che li aveva accompagnati fin lì raccontavano alla perfezione l’importanza di essersi sentiti accompagnati.
Gli alleati
Tra gli alleati Michael e la sua famiglia avevano anche realtà grandi, come Telethon o la Lega del Filo d’Oro. Ma anche realtà locali: negli anni si sono attivati con raccolte fondi specifiche alcuni veterani della solidarietà come i tifosi del Cesena, o il gruppo Chi Burdel di Villalta. Iniziative che hanno dato frutti ben oltre i soldi raccolti, creando relazioni e amicizie e seminando quell’affetto che in queste ore sta inondando di commenti e foto il profilo Facebook di Romina. Michael lascia la mamma Romina, il padre Gianni, la sorella Alessia e le nonne Gabriella e Pierina. Il funerale sarà celebrato oggi alle 15 nella chiesa parrocchiale di Calisese.