Si chiama “I sentieri e le scoperte” il nuovo libro di Roberto Casalini. “Memorie di una vita” è il sottotitolo e anche un indizio eloquente di quel che aspettarsi dalle 300 pagine che Casalini racconta di aver scritto di getto, tra il 24 novembre dello scorso anno e il 16 gennaio di quest’anno, e che presenterà domani alle 17 nell’aula magna della Biblioteca Malatestiana con Marino Biondi, storico della letteratura che firma anche la prefazione del libro, e Riccardo Caporali, docente di Filosofia morale e cognato di Casalini, che al libro ha contribuito curando l’indice dei nomi.
Una questione di identità
«Alla mia età capita a molti», spiega quando gli si chiede come è nato questo libro. Viene dal rapporto con le nipoti, «l’impulso di fermarmi per stendere i ricordi», è un modo, aggiunge, «per continuare a parlare con loro anche quando non ci sarò». Ma lo sforzo di mettere in fila le memorie nasce anche dalla «passione intensa» che Casalini racconta di avere per il concetto di identità: «Sono convinto che possiamo dirci uomini liberi solo se sappiamo chi siamo».
Le voci che riempiono il silenzio
Non crede nei segni Casalini, ma il lavoro di scrittura è cominciato una mattina in cui al risveglio gli si sono affacciate alla mente queste parole: «Se penso al passato, il deserto. Ma se interrogo la memoria il silenzio si riempie di voci». È dunque un libro di memorie quello di Casalini, ma queste spesso intrecciano la storia, quella nazionale, quella della città di Cesena.
Il racconto di una vita
Il racconto parte dalla sua nascita, con i racconti della madre, l’infanzia a Gambettola, la scuola e lo «straordinario» maestro Bazzocchi, il trasferimento nella maremma laziale, i primi amori e le «costruzioni dell’adolescenza», «è in quegli anni che costruiamo la nostra concezione del mondo». Poi il ritorno a casa, la scuola, il concorso per diventare insegnate, che assegnandogli una funzione lo faceva «nascere cittadino». E ancora l’incontro con Ezio Raimondi che fu relatore della sua tesi su Ungaretti. Ci sono anche gli anni della Giunta, e dopo quel ventennio, «il calcio negli stinchi di mia moglie Lara, che temendo mi deprimessi suggerì l’idea della casa editrice e di lì i trent’anni successivi da editore insieme ai miei figli».
Le memorie «che contano»
«Marino Biondi, uno degli otto lettori a cui ho affidato il testo prima della pubblicazione. Mi rimprovera il non aver raccontato le violenze del ‘77, la dissoluzione del Pci, la fine del compromesso storico, la cacciata di Lama dall’Università». Ma non è un libro di storia quello che ha scritto: «Ho dedicato pagine ai miei gatti, al mio cane Furio, e all’epopea di cui fu protagonista insieme a me e ad altri due bambini quando dopo aver letto Livingstone decisi di andare alla fonte della Rigossa. Le memorie che contano, quelle che hanno contribuito a definire la mia identità ci sono tutte, le altre non le voglio più».
Una scrittura che lascia cambiati
A distanza di tempo dalla sua scrittura e dopo averlo riletto decine di volte, «credo si cambi profondamente nel ricapitolare le giravolte della memoria. Io sento di essere cambiato. È un esercizio che consiglierei a tutti, anche a chi è meno avvezzo alla scrittura, quello di ricapitolare le proprie memorie».