Cesena: l'alluvione è diventata un podcast

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Per il titolo ha scelto “La fiumana” la parola con cui i romagnoli chiamano la piena. Si chiama così il podcast dell’ex parlamentare modenese Giuditta Pini ed è una raccolta di “voci dall’alluvione in Romagna”. Voci a cui corrispondono luoghi e storie che raccontano anche delle tante forme in cui l’alluvione ha colpito la Romagna tra il 16 e il 17 maggio, quando dopo due anni di siccità «L’acqua tanto attesa è arrivata tutta in una volta». Racconta dei «Boschi precipitati giù per le montagna», di come in collina «in poche ore è venuto giù tutto» e di come quel tutto ha trasformato i fiumi, già carichi di pioggia, in «serpenti di fango», di quanto le piene in pianura siano state violente. Ne “La fiumana” ci sono Faenza, Lugo, Nuvoleto, Modigliana, Casola Valsenio. Sono le persone che questi luoghi le vivono i protagonisti delle sette puntate che compongono il podcast.

Da lontano non ci si rende conto

Il primo impatto di Pini con quanto è successo è stato attraverso le immagini sulle tv e sui social e i racconti degli amici: «Ho cominciato a rendermi conto dell’enormità di quello che stava succedendo, ma anche della varietà: gli allagamenti, le frane, il fango». Presto è subentrata anche la consapevolezza, frutto dell’esperienza vissuta con il terremoto a Modena, che quelle immagini sulle tv non bastavano: «Da lontano non ci si rende conto di quello che sta davvero succedendo e andando sui luoghi mi sono resa conto che è davvero così».

I suoni

Alle voci Pini ha affiancato i suoni, «le persone per raccontare non possono fare a meno di ricordare i suoni». La pioggia, i passi nell’acqua di chi tentava di tornare alla propria casa, le sirene, gli elicotteri che portavano in salvo le persone, le grida di chi era intrappolato. Mancano quelli che non è riuscita a recuperare ma che sono ricorrenti nei racconti: quello delle montagne che cadono, paragonato a un «bombardamento», o il suono «mai sentito prima» della furia dell’acqua che travolge tutto.

La potenza dell’acqua

Il racconto parte da Faenza. Quando Pini arriva qui il fango è diventato una polvere sottile che ricopre ogni cosa. Ma il racconto parte dalla notte del 16, quando il fiume ha travolto ogni cosa, dalle grida di chi chiedeva aiuto, dalle difficili operazioni di soccorso. «Quello che davvero mi ha colpito di quei racconti - commenta Pini - è la potenza dell’acqua. Qui la piena ha fatto esplodere le vetrine, i muri». Il primo posto in cui è stata in realtà è Lugo, al teatro Rossini dove si stimano danni per un milione di euro è stata attivata una raccolta fondi ma la speranza è che si attivi il ministero.

Le frane, l’isolamento

Quattro delle sette puntate sono dedicate alla montagna. La prima di queste racconta di Nuvoleto piccolo borgo di Linaro, «più che una frazione, una comunità», lo descrive Pini. Qui nella notte del 16 la strada, una vicinale e l’unica che collega il borgo a Linaro, è franata. È Damiano Censi a raccontare Nuvoleto, come quella comunità è stata ripopolata un po’ alla volta dai suoi genitori e dalle altre famiglie che negli anni ‘70 hanno scelto di vivere lì che ora, anche con la raccolta fondi su Gofundme “Una strada per Nuvoleto”, lottano per poter rimanere. «È difficile anche trovare le parole per raccontare quello che è successo in montagna - commenta Pini - la parola frana non basta a descrivere quello che ho visto a Nuvoleto, a Modigliana a Casola Valsenio». Nelle puntate che dedica a questi luoghi emerge il senso di comunità spesso riscoperto nella difficoltà, ma anche l’isolamento, quello totale dei primi giorni di Modigliana quando insieme alle strade erano collassate anche le linee elettriche, telefoniche, internet, e quello che si teme per il futuro. C’è il senso di urgenza di chi sa che la ripartenza sarà difficilissima, perché non basta riaprire le strade, bisogna farle tornare agibili ai mezzi pesanti o le aziende chiuderanno e questi luoghi si spegneranno.

Un podcast ancora aperto

«Da un lato c’è il timore di essere rappresentati come un luogo inabitabile dall’altro l’esigenza di far capire che in questi posti l’emergenza non è ancora finita e durerà a lungo e non sempre - racconta Pini - è questo rende il racconto ancora più complesso». Proprio perché l’emergenza non è finita: «Ho deciso di non chiudere il podcast e di aggiornarlo tra qualche settimana». Sono territori, sottolinea, «che hanno bisogno di risposte anche dallo Stato, ma la politica sente meglio questo bisogno quando c’è anche il pressing delle persone e perché ci sia le persone hanno bisogno di sapere, di capire. Questo è il contributo che ho voluto dare con il podcast».

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