Cesena: il killer delle Vigne racconta in aula l'omicidio

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Ora si dice pentito, cosa che non era mai successa nei precedenti interrogatori resi.

Malgrado questo la sua acredine nei confronti della vittima continua a trasparire dalle sue parole, tanto che il giudice lo ha richiamato ad usare toni differenti nel “rivolgersi ad essa”.

Nel raccontare la sua verità sull’omicidio al Parco Fornace Marzocchi ha anche fornito un “nuovo” possibile movente: che fino ad ora era stato lontano dalle testimonianze.

Ieri nell’aula d’Assise del presidente Monica Galassi protagonista assoluto è stato lui: Giuseppe Di Giacomo, “il siciliano” (come tutti lo conoscono alle Vigne) 66enne che il 19 dicembre scorso ha ucciso a coltellate l’odiato vicino di casa Davide Calbucci di 49 anni: colpendolo con una raffica di coltellate per poi allontanarsi e consegnarsi alla giustizia presentandosi trasportato in auto dalla compagna al carcere di Forlì.

Per tre ore e mezza circa, incalzato dalle domande del pm Laura Brunelli, del suo nuovo difensore Antonino Lanza, e degli avvocati di pare civile Alessandro Sintucci e Marco Baldacci, ha raccontato la sua verità su quella mattinata: cercando sempre (prevedibilmente) di scansare da sé ogni ipotesi di premeditazione del delitto: che è uno dei fattori che potrebbe costargli l’ergastolo.

Alla fine si è detto pentito di quanto fatto: il pentimento è in effetti un’altra componente che potrebbe evitargli il carcere a vita e la sua mancanza era tra le “frizioni” che aveva avuto con il suo precedente difensore. Di Giacomo ha definito l’omicidio di Calbucci un “peccato mortale”. Un netto dietrofront rispetto a quanto aveva finora dichiarato in fase di interrogatorio a ridosso del delitto sia alla Procura che al Gip, quando aveva bollato sempre come “inevitabile” lo scontro mortale con Calbucci: il vicino di casa che continuava a “lanciargli addosso accuse di essere un molestatore di donne” e che quindi andava affrontato in maniera violenta per chiudere definitivamente la questione.

Di Giacomo ha spiegato che la mattina dell’omicidio si era recato al parco come ogni altro giorno e raccontando la sua verità ha fornito una versione ancora diversa sulla dinamica dell’omicidio, sempre se raffrontata a quanto aveva in passato riferito. In aula ha ribadito che Calbucci lo aveva di nuovo tormentato accusandolo di molestie a vicine di casa, e di essere stato per questo aggredito non solo verbalmente. Ha spiegato che solo indietreggiando e sbattendo contro la sua bicicletta si era “ricordato” dei coltelli che teneva nei cestini della bicicletta. Impugnando per difendersi non il piccolo “stacca radicchi” ma un coltello con cui aveva in precedenza macellato un agnello. L’arma con la quale ha colpito una trentina di volte a morte Davide Calbucci.

Proprio le accuse di molestie lanciate da Calbucci a Di Giacomo potrebbero ora lasciare nuovi spiragli ad una premeditazione del delitto. Facilmente se ne discuterà durante le arringhe finali.

Il 18 dicembre, il giorno prima dell’omicidio, Davide Calbucci si era rivolto alla figlia della compagna di Di Giacomo (“il siciliano” in questi mesi che dal carcere ha scritto lettere a due delle donne coinvolte negli episodi di molestie, negando di aver fatto alcunché nei loro confronti) dopo aver incontrato la giovane nelle pertinenze del condominio: «State attente - aveva detto Calbucci alla ragazza - perché lui è pericoloso. Anche oggi ha molestato un’altra donna».

La figlia aveva riferito questo fatto alla madre. Mentre la compagna del siciliano in aula ha negato di aver affrontato questo discorso col 66enne, “il siciliano” invece nel raccontare di nuovo tutta la vicenda alla Corte d’Assise ha dichiarato di aver saputo “la sera prima” dalla compagna che Calbucci continuava ad accusarlo anche di nuove molestie alle donne.

Se sia stata questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso della rabbia di Di Giacomo lo decreterà alla fine la sentenza. Valutando anche il fatto che, nella normalità della vita del siciliano, il coltello “squadra agnelli” nel cestino della sua bici non ci stava mai. Ma presente c’era solo la piccola lama per erbe.

Con la ricostruzione del delitto da parte dell’imputato si è conclusa la somma delle testimonianze. Il presidente Galassi ha rinviato l’udienza al prossimo 28 ottobre. Quando, per la tarda serata, è prevista la sentenza.

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