Cesena, Ccr: un foro (annonario) negli utili, soci tesi e guardiano

In vista dell’assemblea dei soci, che in maggio sarà chiamata a votare per il bilancio e il rinnovo delle cariche, crescono le tensioni dentro il Credito Cooperativo Romagnolo. Ad accendere la miccia sono state le dimissioni del vicepresidente Giancarlo Babbi, di altri tre membri del cda, Roberto Bernabini, Marco Gardini e Jenny Lucchi, e dell’intero collegio sindacale presieduto da Marco Vicini. Ma adesso la situazione è finita sotto la lente Iccrea, una delle due capogruppo nazionali alle quali tutte le banche di credito cooperative sono state chiamate ad associarsi, a seguito della legge di riforma del credito. La scorsa settimana, il caso della banca cesenate è stato al centro di una riunione del cda e ci tornerà a giorni. Intanto, è stata già fatta una mossa che indica che c’è qualcosa che non va. O che comunque c’è bisogno di un attento monitoraggio e il terremoto che c’è stato non può essere spiegato con semplici “guerre di potere” interne legate al rinnovo delle cariche o con divergenze di strategia, a cominciare da possibili fusioni. Con un atto unilaterale, Iccrea ha infatti inserito nel cda un proprio rappresentante: l’avvocato Marco Pistritto. Quella possibilità è prevista nel “contratto di coesione” che Ccr ha siglato quando è entrata nella “famiglia” Iccrea. Vi si fa ricorso quando emerge la necessità di analizzare i conti con uno sguardo esterno, perché c’è qualcosa che non quadra. D’altronde, già le dimissioni in blocco del collegio sindacale erano state un segnale forte da questo punto di vista.

Il macigno del Mercato coperto

Il problema non sono i bilanci passati, che non destano particolari preoccupazioni, come ha fatto notare chi regge le redini della banca. Ma sul rendiconto riferito al 2021, in fase di predisposizione, c’è un grosso nodo. Riguarda la partecipazione di Ccr a “Forogest”, la società che gestisce il Mercato coperto. Il Credito Cooperativo Romagnolo ne è socio al 25%. I suoi partner, con un’identica quota, sono Confartigianato, Confesercenti e Conad. La banca ha fatto la scommessa di impugnare il timone versando un affitto, nella convinzione di potere fare funzionare quello spazio e renderlo redditizio. Invece, le cose non stanno andando per il verso giusto. A quanto pare le uscite sarebbero maggiori delle entrate, creando un disavanzo. Più in generale, la partita del Foro annonario pesa sul bilancio, nel tempo, per milioni di euro. Facendola corta, quel fardello finirebbe per abbassare fortemente gli utili già non entusiasmanti di fine esercizio 2020, che erano attorno a 1 milione di euro. Servono infatti sostanziosi accantonamenti, necessari innanzitutto per tamponare quella emorragia. Nulla di irrimediabile in sé, ma su quanto debba essere rigorosa questa manovra sono sorti contrasti nella stanza dei bottoni. Va peraltro detto che, a parte le quote versate dai soci, che sono limitate, la robustezza patrimoniale di un istituto di credito, che è il punto chiave, dipende essenzialmente dagli utili. E un rafforzamento su questo fronte è indispensabile per mettere in campo aggregazioni bancarie, da protagonisti solidi e non da parti deboli.

Soci agitati, toto-nomi e rebus

Al tempo stesso, nelle file dei soci di Ccr, che sono circa 7.400, serpeggiano non pochi malumori per le modalità in cui si vorrebbe svolgere l’assemblea. L’intenzione è infatti quella di non tenerla in presenza, ma online e col sistema delle deleghe attraverso quello che tecnicamente viene definito “rappresentante designato”. In pratica, i soci potranno firmare nei giorni precedenti una delega con indicazioni di voto all’unico rappresentante indicato dalla banca, che di solito è u notaio. Il timore di tanti è che in questo modo diventi difficile approfondire tanti aspetti su cui si avverte un bisogno di chiarimenti, attraverso domande. Tra l’altro, diversi soci hanno fatto notare che l’assemblea a distanza ha avuto un senso durante la fase più acuta dell’emergenza Covid, ma ora si è tornati a riunioni “in carne e ossa” ovunque.

La scelta dei nuovi vertici del Credito Cooperativo Romagnolo si annuncia molto delicata, perché sarà probabilmente chiamata a fare scelte, e forse svolte, importanti. I “pronostici” sono abbastanza chiari per quel che riguarda il presidente e il suo vice. In base al principio di rotazione, per cui rappresentanti del mondo agricolo e di quello artigiano si alternano in queste due posizioni chiave, Adamo Zoffoli di Coldiretti, che attualmente è il numero due del cda di Ccr, è in predicato di impugnare il timone (ora nelle mani di Valter Baraghini), mentre Stefano Bernacci, pilastro di Confartigianato, potrebbe essere il vice presidente. Per la verità, c’è chi storce il naso per la presenza di figure di primo piano dell’associazione degli artigiani, così come di Confesercenti, nei posti che contano della banca: il timore è infatti che ci sia un inevitabile conflitto di interessi visto che coabitano nella società “Forogest” del Mercato coperto, che ha riflessi non da poco sui conti della banca. Ancora più incerta e confusa appare la scelta del futuro direttore. Quello uscente è Giancarlo Petrini e, avendo già raggiunto l’età pensionabile, fino a qualche tempo fa molti davano per scontata una sua uscita di scena. Ma potrebbe non essere così semplice, perché la decisione potrebbe intrecciarsi con sue valutazioni personali e nuove aspettative di tipo professionale che, secondo i ben informati non mancano. Tra l’altro, non è un mistero che Petrini abbia anche allacciato contatti prima con Riviera Banca e poi con la Bcc Ravennate Forlivese e Imolese (erede della potente Bcc di Faenza, rafforzatasi ulteriormente tramite aggregazioni) per sondare la possibilità di fusioni. Quella resta la decisione fondamentale che dovrà prendere il nuovo gruppo dirigente e anche questo fattore avrà un peso nella definizione della nuova squadra. gpc

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