Cesena, carabiniere stupra ex amante: condannato anche in Appello

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La pena è stata alleggerita dai 5 anni della sentenza di primo grado a 3 anni e 4 mesi, ma la Corte d’appello ha confermato la condanna, e quindi la colpevolezza, di un carabiniere accusato di avere violentato la ex amante, per giunta emotivamente fragile. La partita giudiziaria non è però ancora finita, perché l’avvocato Raffaele Pacifico, che difende il reo, annuncia fin d’ora l’intenzione di giocarsi l’ultima carta disponibile: quella del ricorso alla Corte di Cassazione. Anche perché, se venisse confermata in via definitiva la condanna, scatterebbe l’espulsione dall’Arma, senza più possibilità di reintegro. Per il momento, bisognerà però attendere le motivazioni della sentenza di secondo grado pronunciata ieri a Bologna, che arriveranno entro 45 giorni. Il carabiniere, che prestava servizio presso una stazione della periferia di Cesena ma è stato sospeso dopo la condanna in primo grado e ora si è trasferito e lavora all’estero, secondo i giudici (che tra l’altro già nel primo grado di giudizio avevano disposto anche una provvisionale risarcitoria di 20.000 euro), ha abusato sessualmente di quella che per anni era stata la sua amante. Si tratta di una donna che peraltro deve fare i conti con minorate capacità di gestione emotiva. Il ricorso in appello, dopo la prima sentenza di condanna, era rimasto “in sospeso” anche per una contestazione relativa a un vizio procedurale: negli atti, secondo l’avvocato Pacifico, non c’era l’originale della querela sporta dalla donna.

La relazione e la violenza

Passando alla sostanza dei fatti, risalgono al 2016, quando l’uomo seppe di essere indagato per stupro. Negò e continua a negare ogni responsabilità e chiese subito di essere interrogato dalla Procura, ma gli inquirenti vollero procedere prima all’incidente probatorio, sentendo la vittima e solo dopo la fine indagini lo ascoltarono. Questo è uno dei punti su cui ha insistito la difesa, sostenendo che in questo modo si sono negati diritti basilari che ogni indagato ha. Questa tesi non ha però fatto breccia nella Corte d’appello, che pur ridimensionandola ha confermato la condanna del processo di primo grado, in cui l’accusa era stata sostenuta dal pm Filippo Santangelo, mentre la donna si è costituita parte civile con l’assistenza legale dell’avvocata Monica Miserocchi. La pena era stata quantificata ritenendo le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante costituita dal fatto di avere commesso la violenza nel contesto di una “relazione affettiva”. Quella lunga relazione extraconiugale, iniziata quando la donna era minorenne (ora è di mezza età, ma non forniamo ulteriori elementi né della vittima, né del violentatore per tutelare l’identità della prima), a un certo punto fu interrotta da lei. A rendere ancora più delicata la vicenda c’è il fatto che l’amante del carabiniere era seguita da esperti dei servizi di igiene mentale dell’Ausl per difficoltà conclamate nella nella sfera emotiva. Ma poi arrivò anche la denuncia per un episodio avvenuto il 22 novembre 2016. L’uomo, che pur essendo sposato e avendo figli, veniva trattato come un fidanzato a tutti gli effetti, frequentando la casa della partner e lasciandosi andare a scene di gelosia, aveva ricevuto un messaggio da lei, mentre si trovava fuori città. Gli era stata comunicata la volontà di troncare quella relazione che evidentemente era diventata troppo pesante. Al suo rientro, i due si erano visti a bordo di un’auto posteggiata in un parcheggio accanto a un cimitero nella zona collinare e lui l’aveva spinta ad avere un nuovo rapporto sessuale. Ma la donna aveva poi provato a sottrarsi e a quel punto l’incontro si trasformò in quello che i giudici hanno considerato uno stupro. La vittima si fece anche visitare e refertare in pronto soccorso e il giorno seguente, durante una sofferta audizione protetta, riferì in lacrime di essere stata violentata. Nelle aule di giustizia quella denuncia è stata ritenuta fondata in due gradi di giudizio.

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