Cesena, Ines Briganti ha "difeso" l'ong russa ora Nobel per la pace

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L’assegnazione del Premio Nobel per la Pace alla ong russa Memorial ha un sapore speciale per l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Forlì-Cesena. Attraverso la sua presidente Ines Briganti, cesenate nota per avere ricoperto anche l’incarico di assessora comunale alla Cultura e presidente del Consiglio comunale, si era infatti speso pubblicamente a favore di quel movimento, che raggruppa oltre 60 associazioni impegnate in difesa delle libertà e dei diritti umani. Ancor prima dell’invasione della Russia e degli strali della comunità internazionale contro Putin, aveva preso una posizione molto netta. Negli ultimi giorni dall’anno scorso, Putin aveva ordinato la chiusura del Memorial, inizialmente dedicato agli oppositori perseguitati dal regime sovietico. La chiusura era stata disposta dal regime di Putin e quell’attacco non era andato giù a Ines Briganti. Così, nella sua veste di presidente dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Forlì-Cesena, aveva raccolto un sos lanciato dall’Istituto nazionale Ferruccio Parri, nella persona di Paolo Pezzino. Tutto era nato dal fatto che il 28 dicembre 2021 la Corte Suprema della Federazione Russa aveva imposto la chiusura dell’Associazione Memorial Internazionale. «Nato nella seconda metà degli anni Ottanta per iniziativa di alcuni esponenti di spicco del dissenso sovietico, fra cui Andrej Sacharov - aveva spiegato la presidente dell’Istituto - il Memorial ha rappresentato la più importante organizzazione di denuncia dei crimini del regime sovietico, svolgendo una funzione fondamentale sia sul piano della ricerca storica sia, in anni più recenti, come centro impegnato attivamente nella difesa dei diritti umani». Nella sua sentenza la Corte Suprema russa, che ha un’autonomia molto limitata, se non nulla, rispetto alla volontà di Putin, aveva accusato l’associazione di aver violato una controversa legge del 2012 sugli “agenti stranieri” in Russia. «È quella che impone ad associazioni, enti e istituzioni del paese l’indicazione dei finanziamenti ricevuti dall’estero - aveva chiarito Briganti - Di fatto è uno strumento legale utilizzato da Putin e dalle autorità di governo per tacitare le voci dissenzienti. La vera ragione della chiusura di Memorial è emersa dalle dichiarazioni rese dall’ufficio del procuratore generale, secondo cui Memorial avrebbe “creato una falsa immagine dell’Unione sovietica come Stato terrorista”, denigrando “la memoria della seconda guerra mondiale” e “gli organi di potere”. La colpa di Memorial sarebbe dunque di aver leso il mito della “grande guerra patriottica”, la vittoria sovietica sul nazismo, che Putin usa come pilastro strumentale nella riabilitazione della memoria di Stalin e nell’esaltazione del culto della continuità e della potenza dello Stato, verso il quale non sono ammesse contestazioni. Criticare e ricordare gli orrori della storia nazionale è considerato pertanto alla stregua di un crimine, un atto anti-patriottico inammissibile da punire severamente».

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