Cesena, banca Ccr al bivio: fusione alla prova dei numeri

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Per 27 anni di fila è stato direttore di quella che era la Banca di Cesena ed è poi diventato il Credito Cooperativo Romagnolo. Dopo l’assemblea dei soci convocata per il 5 maggio per l’approvazione del bilancio 2021 e il rinnovo delle cariche, Giancarlo Petrini uscirà di scena. Ai nuovi vertici che subentreranno, dopo mesi tempestosi, che hanno portato alle dimissioni in blocco del collegio sindacale e di quattro membri del cda, toccherà prendere una decisione chiave: quella relativa a un’eventuale fusione.

Soliditàe fusione ma senza diktat

Il direttore uscente, nel ribadire che la banca è solida e che il futuro lo dovrà decidere il nuovo consiglio d’amministrazione, spiega perché in un mondo dove «le fusioni possono avvenire per necessità o per scelta strategica», Ccr si trovi nella seconda di queste situazioni. «Iccrea qualifica come solide le banche del proprio gruppo, di cui facciamo parte, se hanno un particolare indice numerico pari al almeno 12,46. Al di sotto, e fino a 8,92, si entra in una fase di coordinamento, in cui la capogruppo indirizza le azioni per tornare sopra i livelli di sicurezza. Nel range tra 8,92 e 6,42 scatta invece un controllo più stringente e in questa fase vengono spesso imposte aggregazioni bancarie. Infine, sotto quota 6,42, il destino è la liquidazione». In tutti i casi - continua Petrini - «c’è un apposito Fondo di tutela dei depositi dei risparmiatori, che mette al sicuro i depositi fino a 100.000 euro», ma nel caso di Ccr «quell’indice è pari a 16,23, livello che abbiamo raggiunto partendo da un 12,66 che avevamo nel 2015, al momento della fusione tra Banca di Cesena e Bcc Gatteo. Quindi siamo abbondantemente sopra i parametri che attestano la nostra solidità». Questa sottolineatura mira non solo a ribadire che quelli che lascia sono «conti sani, prima di tutto grazie al grande calo dei crediti deteriorati», ma anche grazie al fatto che «negli ultimi cinque anni le nostre quote di mercato sono cresciute di circa il 5% sia in depositi che in impieghi». Dietro quelle cifre c’è un ragionamento ulteriore, che riguarda appunto le fusioni: «In queste condizioni ci sarà la possibilità di fare una scelta in piena autonomia. Le cose cambierebbero solo se scendessimo attorno a 48 milioni di patrimonio, e invece ne abbiamo 70».

Il valore delle banche locali

A proposito delle possibili aggregazioni, che saranno il tormentone dei prossimi mesi, Petriniresta convinto che«le banche del territorio, e la nostra è l’ultima rimasta a Cesena, dopo le note vicende della Cassa di Risparmio e della Brc, hanno un ruolo rilevante, soprattutto per le piccole imprese. Quando nel 1995 ho iniziato la mia attività di direttore a Cesena, ci chiamavano “la banchina dei preti”. Poi, con forti investimenti su formazione e tecnologie, siamo cresciuti notevolmente dal punto di vista professionale. Ma le Bcc restano le banche del campanile. Da una parte, questo ha impedito che si riuscisse a fondare un’unica grande banca locale, partendo dalle 8 Bcc che operavano nel nostro comprensorio quando divenni direttore, come sono stati invece bravi a fare con la Bcc Ravennate Forlivese Imolese. Dall’altra parte, l’essere una banca del campanile è prezioso in un mondo del credito che sempre di più di basa su freddi meccanismi aritmetici nel rapporto con le imprese: si può superare la rigidità eccessiva di questi ostacoli solo se si hanno riscontri puntuali sulle aziende che chiedono sostegno e questo è possibile se si è radicati capillarmente sul territorio e lo si conosce». Per queste ragioni il direttore uscente pensa che, fusione o no (la partnership più probabile resta quella con la Ravennate Forlivese Imolese, che è la terza Bcc più grande d’Italia, mentre in seconda fila, come alternativa, c’è Riviera Banca), questo valore aggiunto vada difeso.

Verso l’assemblea non “live”

Passando dagli scenari futuri, che Petrini precisa di volere continuare a «seguire come semplice socio, sempre disponibile a dare una mano gratuitamente se verrà ritenuto utile» alla situazione attuale, si sono conclusi i quattro incontri informativi con i soci. Anche se hanno avuto solo un centinaio di partecipanti in tutto, su un totale di 7.500 soci, sono stati più che opportuni, visto che l’assemblea del 5 maggio, su indicazione di Iccrea, non avverrà in presenza ma col sistema del rappresentante designato. A questo proposito, il direttore sottolinea che «questo rappresentante è non a caso un notaio: avendo il segreto professionale, le deleghe che i soci potranno dargli con le proprie indicazioni di voto le conoscerà solo lui».

Buonuscita

Per quel che riguarda i temi più caldi che sono stati trattati, Petrini fa chiarezza sulla sua buonuscita, che ha scatenato qualche polemica: «Sono circa 600.000 euro, metà dei quali sono dovuti al patto di concorrenza che ho siglato. Sarei potuto restare per altri 6 anni, e invece l’azzeramento della mia retribuzione consentirà di ammortizzare quel costo per la banca nel giro di un anno e mezzo». Questo clalcolo, ovviamente,vale nel caso probabile in cui peril nuovo direttore si punterà su una soluzione interna, pescandolo fra i tre vice direttori già in servizio.

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