Più che un’impresa è una missione quella che sente di aver scelto Mauro Ravaglia, come amministratore delegato di “Linea Sterile”, lavanderia della sanità. Ed è una convinzione che rinnova quotidianamente, anche in queste caldissime giornate in cui in lavanderia il termometro ha raggiunto anche i 36 gradi. Una missione che sembra però non sostenere chi, da parte statale, avrebbe invece il dovere di creare un sistema in cui aziende come questa possano continuare ad esistere e investire.
«Non possiamo fermarci»
«Quando ho letto sul Corriere il titolo in prima pagina “Caldo nei cantieri edili, col termometro a 35 gradi si va in cassa integrazione”, sono andato nella nostra area produttiva e in quel momento il termometro segnava 36 gradi. Premetto che condivido pienamente questa iniziativa di Inps, ma noi lavandai della sanità che facciamo?». Quella che rimane una scelta che approva e condivide non si può applicare al suo settore. «Se noi ci fermassimo, gli ospedali si ritroverebbero, dopo un po’, senza divise per gli operatori e senza materiale tessile per i letti e i campi operatori». Il suo non è vittimismo: «Da quando siamo nati ci siamo presi questa responsabilità sociale verso la collettività e specialmente verso gli ammalati, di consegnare tutti i giorni biancheria pulita igienizzata e sterilizzata a prescindere delle temperature interne e esterne. E ribadiamo: nessuna lamentela, anzi siamo tremendamente orgogliosi di questo servizio, che facciamo a tutta la comunità».
Il guaio dei costi
«Quello che ci lascia a bocca asciutta e ci inaridisce la gola - prosegue Ravaglia - non sono le temperatura di Madre Natura o i 300 quintali di biancheria che tutti i giorni laviamo, sanifichiamo e consegniamo agli ospedali della Romagna e Marche, ma il non allineamento delle revisioni prezzi, o gli adeguamenti non concessi avendo contratti pubblici pluriennali. Stiamo sostenendo un servizio pubblico con corrispettivi non allineati ai fortissimi aumenti di costi energetici, logistici e di materie prime sostenute negli ultimi 18 mesi. E lasciano l’amaro in bocca - aggiunge Ravaglia - anche le condizioni capestro» previste per la sostituzione dei capi di biancheria, dei materassi e dei cuscini, in caso di smarrimento, grave danneggiamento per uso improprio o per negligenza.
Attenzione alle donne e alla fatica
Oggi l’80% del personale nelle lavanderia industriali è femminile, e vale anche per “Linea Sterile”, che - spiega Ravaglia - «per venire incontro alle esigenze famigliari applica turni unici di lavoro a 35 ore settimanali, dove le lavoratrici hanno sempre mezza giornata libera, e quelle del turno di venerdì mattina riprendono a lavorare il lunedì pomeriggio successivo». L’azienda ha fatto investimenti per ridurre i carichi manuali «con moderni sistemi automatizzati per ridurre drasticamente le sollecitazioni fisiche dei nostri operatori e garantire ambienti di lavoro in linea con la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori».
Strada tutta in salita
«Abbiamo sistemi di lavaggio innovativi - prosegue - dal massimo risparmio energetico e ridotto impatto ambientale. Siamo in azienda che non si è mai sottratta a confrontarsi con le parti esterne, specialmente con le organizzazioni sindacali, e mettere in discussione i nostri punti di forza e debolezza nella ricerca del miglioramento continuo. Purtroppo, però, per chi è nel territorio e lavora per il territorio, specialmente per l’ambito pubblico, le leve della crescita sono sempre più stringenti. Con un’inflazione creata dall'offerta e non dalla domanda e una sanità pubblica fortemente indebitata, fare piani di sviluppo e sostenere processi innovativi a medio e lungo periodo è quasi una mission impossibile».