Dalla connessione digitale, alla connessione umana. Dai rapporti da remoto, ai rapporti in presenza. Le scuole riminesi dichiarano guerra ai cellulari, strumenti che allontanano i ragazzi dal mondo reale e dalle relazioni interpersonali dirette, relegandoli ad una vita artificiale, fatta di chat, messaggi, e comportamenti spesso pericolosi, con l’opacità della rete internet.
Einaudi - Molari
Una battaglia, però, ad arma unica, condotta a suon di divieti. Duri, rigidi. Al punto che, all’istituto professionale Einaudi - Molari, gli studenti, da giovedì alla ripresa dell’anno scolastico, dovranno depositare, in appositi contenitori, il proprio smartphone per poi ritirarlo solo al termine delle lezioni. Spiega la preside Daniela Massimiliani: «È un regolamento che il consiglio d’istituto ha approvato qualche anno fa, ma che quest’anno faremo valere con ancor più forza. Non tollereremo trasgressioni, se non di natura didattica e previa richiesta del docente. Solo in quel caso, allora, il cellulare potrà essere utilizzato in classe, altrimenti il suo uso resterà vietato. E chi non si adegua andrà incontro a note disciplinari, richiami, e, addirittura, sospensioni, in caso di comportamento reiterato».
Einstein
I motivi di questa decisione, che interessa diversi istituti riminesi, li spiega Christian Montanari, preside del liceo scientifico Einstein: «Anche da noi l’utilizzo dello smartphone non è consentito. E questo per due motivi. Il primo di natura relazionale: dopo due anni di pandemia, contrassegnati da lunghi periodi di isolamento e rapporti interpersonali condizionati dall’uso del computer e della mascherina, i ragazzi hanno urgente bisogno di riprendere a comunicare tra loro, in modo diretto, liberi da filtri o apparati tecnologici. Il secondo di natura didattica: un cellulare a portata di mano limita fortemente la concentrazione durante le ore di lezione».
Belluzzi - Da Vinci
Non solo scelte educative o di mero apprendimento, però. Sono anche altre le cause che spingono i direttori didattici ad usare la mano pesante e ad introdurre l’arma del divieto. Stigmatizza Sabina Fortunati, preside dell’istituto tecnico Belluzzi-Da Vinci: «Siamo arrivati ad un punto in cui gli studenti, senza nemmeno rendersene conto, si ritrovano a violare le più elementari norme del codice penale. E tutto questo attraverso l’uso improprio dello smartphone. Si insultano, diffondono immagini particolari e molto delicate di loro compagni che rischiano di finire pericolosamente nella rete internet. Insomma, trasgrediscono le normali regole di comportamento civile sconfinando, alcune volte, anche nel penale. E, noi, come direttori d’istituto, non possiamo far altro che denunciare la cosa alle forze dell’ordine. Di mezzo, infatti, non c’è solo la privacy di un giovane, ma soprattutto il suo futuro». Inevitabile, quindi, il richiamo alla sfera familiare. «Oggi più che mai i genitori dovrebbero avere più rigore nell’educare i propri figli. Perché la scuola si trova spesso impotente davanti a comportamenti che vanno oltre quella che può definirsi una estrema “vivacità” del ragazzo. E dire “No” alla richiesta di un cellulare da 600 euro è senz’altro un buon inizio». Siamo nel campo del generico, naturalmente, che, però, in alcuni casi sconfina nel particolare.
Video e foto pericolosi
«Lo scorso anno – racconta il preside Montanari – c’è stato un caso in cui la diffusione via smartphone di una foto, aveva creato qualche problemino ad un ragazzo. Fortunatamente la cosa è stata limitata alla sola classe. Tuttavia, siamo intervenuti con decisione, ammonendo i responsabili». Ammonizione, ma anche sospensione dalle lezioni. Davanti a casi di estrema gravità, come, appunto, il cyberbullismo, un reato compiuto da minorenni, spesso a scuola, la cui vittima è sempre un compagno di giochi o di classe debole o timido. Commenta la preside Massimiliani: «Alcuni anni fa, dirigevo un altro istituto scolastico, accadde che durante la gita scolastica uscì fuori un video relativo ad uno scherzo pesante fatto da alcuni studenti ad un loro compagno. Fui costretta a sospendere i responsabili e a denunciare il fatto al tribunale dei minori. Spesso i ragazzi non si rendono conto di compiere azioni che possono ledere duramente la sfera privata di un loro compagno. Da qui la decisione del consiglio d’istituto di seguire la strada del divieto rigido. Niente uso dei cellulari in classe. Se non a fini didattici». Chiosa, quindi, la direttrice scolastica del Molari-Einaudi: «Non vorrei, però, che passasse il messaggio che il nostro istituto è contro l’utilizzo della tecnologia. Perché non è così. Anzi, è l’esatto contrario. Abbiamo, infatti, utilizzato 50mila euro di fondi europei per potenziare la rete wi-fi della scuola alla quale abbiamo allacciato tutti gli apparati tecnologi, dai computer ai tablet, fino agli smartphone. E permettere, così, ai ragazzi un uso ampio e diffuso della tecnologia. A fini didattici».
Il presidente Santi: «Dalla Provincia 26 milioni di euro»
Il presidente della Provincia di Rimini, Riziero Santi ha voluto inviare il suo messaggio in vista dell’inizio delle lezioni. «Per la scuola – dice – sarà un nuovo inizio, senza distanziamento, senza mascherine e senza Dad. Ai ragazzi e alle ragazze faccio i migliori auguri perché l’anno che sta per cominciare sia per loro un anno ricco di stimoli, bello e proficuo. Dire scuola – aggiunge – significa prima di tutto dire futuro, e al futuro dobbiamo guardare con fiducia. Noi amministratori abbiamo il compito di fornire ai ragazzi gli strumenti per leggere il presente e costruire il futuro. A questo impegno si aggiungono gli investimenti. La Provincia ha destinato oltre 26 milioni all’edilizia scolastica, per avere scuole più sicure, più belle e meglio attrezzate».