Carta o stoffa al ristorante? L’impatto della tovaglia

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Tovaglia di stoffa o di carta quando si va al ristorante, in pizzeria o al fast food? Mentre si mangia un piatto di pasta, un panino o un trancio di pizza chi pensa sostenibile concentra la sua attenzione al tovagliato. Dunque, quale potrebbe essere la soluzione migliore? Uno studio realizzato da Ebli, l’Ente bilaterale delle lavanderie industriali, e da Ambiente Italia, ha cercato di fare il punto della situazione cercando di capire quale sia la risposta.

Tovaglie e tovaglioli del ristorante hanno circa 76 vite, garantite da 75 cicli di lavaggio in lavanderie industriali. A fine vita, il 91% dei materiali del tessuto è avviato al recupero, con un impatto in termini di effetto serra di un calo del 48% rispetto al monouso. Nella fase di smaltimento, proprio il monouso finisce per il 55% in discarica, mentre il 45 % è destinato all’inceneritore. A seguito dei 75 cicli di lavaggi industriali, invece, del tessile, solo l’8% va in discarica e un 1% è destinato all’incenerimento.

Per rappresentare i numeri del tovagliato in Italia in un anno di ristorazione, è stato calcolato che del monouso sono 117 milioni le tovaglie utilizzate, quasi come il doppio della popolazione italiana (mentre sono 72 milioni quelle del tessile). I tovaglioli monouso in un anno sono più di 4 miliardi (mentre 1,3 quelli in tessuto). Lo studio ipotizza due scenari di conversione al tovagliato riutilizzabile in cui si nota che nello scenario minimo ci sarebbe il 12% in meno di CO2 equivalente, mentre nello scenario massimo il 20% in meno. Questo si traduce in convenienza economica con un risparmio, rispettivamente, di 39 milioni di euro nello scenario minimo e di 71 milioni di euro in quello massimo. Oggi il costo della raccolta e dello smaltimento del tovagliato a fine vita è di circa 374 mila euro per il riutilizzabile a fronte dei quasi 28 milioni di euro del monouso. Tra le proposte del Pnrr sul tessile il primo modello di studio di Hub circolare per recuperare gli scarti tessili. Il modello presentato da Ebli per Ecomondo, di fatto, centra il modello descritto dal Piano: il tessile in uscita dalle lavanderie è riutilizzato in settori metalmeccanici o altro, sotto forma di stracci o altri prodotti. «Questo asset – spiega il presidente di Ebli, Giuseppe Ferrante - si prefigge lo scopo di perseguire un duplice percorso verso una piena sostenibilità ambientale: da un lato migliorare la gestione dei rifiuti e dell’economia circolare e dall’altro realizzare anche progetti altamente innovativi per filiere come quella del tessile che riveste il vero e proprio core dell’economia circolare».

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