Calcio C, una Reggiana avvelenata aspetta l'Imolese
ALESSANDRO BURIOLI
ANDREA MIRRI
A Reggio Emilia si continuano a versare lacrime su quanto accaduto lunedì sera all’Orogel Stadium-Dino Manuzzi. Ma l’obiettività non è di casa, tra chi veste e tifa granata. Che il fallo commesso da Camigliano su Bortolussi al minuto 8’56” si sia concretizzato una quindicina di centimetri fuori area è stato chiaro fin da subito anche in Romagna. Nessun dubbio c’è mai stato neppure sul colore del cartellino che l’arbitro Ricci avrebbe dovuto mostrare a Camigliano: rosso. Perché il fallo rientra nel classico Dogso (acronimo di “Deny an Obvious Goal Scoring Opportunity” ovvero “Negare un’evidente opportunità di segnare un gol”): quindi rosso automatico se il fallo avviene fuori area, rigore e rosso nel caso in cui il fallo non sia genuino. E il fallo che Camigliano commette su Bortolussi non è genuino, perché trattenendolo per la maglia per non farlo calciare in porta incappa in uno dei requisiti che fa scattare il rosso: “si disinteressa del pallone intervenendo direttamente sull’avversario”.
È solo un caso che in casa Reggiana, quando ricordano (e per questo si lamentano a ragione) il rigore concesso al Cesena, non ricordano mai che Camigliano andasse espulso? Sarebbe forse stato semplice per la Reggiana giocare 81 minuti in dieci? A questo proposito, nei 3 minuti e 9 secondi trascorsi tra il fischio del fallo e il tiro dagli 11 metri di Pierini, l’arbitro viene travolto dagli eventi e mostra due gialli. Uno a Rozzio per proteste a uno a Contessa. A fine primo tempo, così ha dichiarato il diesse Tosi in un’intervista ai media reggiani, Ricci è andato dal dirigente addetto all’arbitro della Reggiana per dire che il giallo a Contessa era in realtà per Camigliano, visto che il fallo lo aveva commesso il numero 6. Gli errori dell’arbitro non sono stati solo due, ma tre, con lo scambio di persona che ha dell’incredibile.
Addirittura fantasiosa, per non dire complottista, la teoria per la quale Frieser fosse in fuorigioco sulla sponda di Pittarello all’alba del 2-0. Una persona che guarda bene impiega un decimo di secondo ad accorgersi che, al momento del tocco di Pittarello, Rozzio tiene in gioco l’austriaco in modo non millimetrico ma abbondante (più o meno un metro). Ci sono i tagli d’erba del Manuzzi a semplificare il compito. Però i deboli preferiscono gli alibi, quindi provano a far credere che la telecamera posta a centrocampo (quindi una ventina di metri più indietro) sia in linea con l’azione e quindi il fotogramma sia Vangelo. C’è vita anche in una dimensione parallela.