Caccia al killer a Cesena: "Una rubrica in aiuto alle indagini"

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Un tuffo all’indietro di oltre 30 anni. Con l’orologio dei ricordi, ed in buona parte anche della tensione, che torna improvvisamente all’indietro riportando alla mente le immagini positive, di due ragazze impegnate a fare del bene al prossimo, e negative di una mano assassina che le ha fatte sparire e che potrebbe essere anche una persona conosciuta. «Già allora, quando scomparve Cristina, venimmo tutti ascoltati dalle forze di polizia. Consegnammo agli investigatori le sue lettere motivazionali. E poi iniziammo a guardarci in faccia. Nel timone che chi aveva fatto del male a quella ragazza potesse essere qualcuno che gravitava attorno all’associazione». Chi accetta di rimettere all’indietro l’orologio dei ricordi è uno degli storici ex volontari e socio fondatore dell’Avo. Una persona che nel 1992 era tra i vertici dell’Avo: i volontari ospedalieri che a Cesena erano stati (anche da lui) appena formati. E tra le cui fila erano entrate in rapida successione sia Cristina Golinucci, la 21enne di Ronta sparita nel nulla il 1° settembre 1992, che Chiara Bolognesi, la 18enne scomparsa ad inizio ottobre dello stesso anno e ritrovata morta nelle acque del Savio 21 giorni dopo. La cesenate che (all’epoca la sua famiglia viveva Ponte Abbadesse) era stata data per suicida. Ma la cui sorte è potenzialmente ora “rovesciata” dalla nuova indagine in corso da parte della procura di Forlì, che sta dando la caccia ad un potenziale serial killer - violentatore, che abbia ucciso e tentato (in un caso riuscendoci) di nascondere i cadaveri delle due giovani che frequentavano l’Avo ed ambienti parrocchiali e cattolico-associazionistici, nelle chiese di San Paolo, dell’Osservanza ed al convento dei frati Cappuccini. In questi giorni gli investigatori hanno bussato nuovamente all’Avo. Dove non ci sono più registri cartacei inerenti il passato. Ma un registro di persone che frequentavano l’associazione in realtà esiste ancora. Ed è pronto ad essere consegnato agli inquirenti. «Una operazione quella di controllare l’associazione che era stata fatta anche allora - spiega l’ex fondatore cesenate - Chiara e Cristina sono state tra le prime, nei primi anni di attività dell’Avo, a seguire il corso di formazione e ad iniziare l’attività in ospedali, case di cura, ricoveri per anziani. Una vita da volontarie intensa, per la salvaguardia degli altri. Dove serviva dar da mangiare agli ammalati che non riuscivano a cibarsi da soli. Provvedere alla loro pulizia o al vestiario, oltreché a dare compagnia a chi era solo. Due ragazze brave ed impegnate. Chiaramente, al nostro interno, è stato vissuto più intensamente il caso di Cristina. C’era la paura di un killer ma il caso di Cristina è rimasto impresso di più su tutti. Perché dopo qualche tempo Chiara venne ritrovata morta». Siamo in un’epoca in cui l’Avo sfornava corsi con 40-50 volontari l’anno. La metà circa dei quali restavano impegnati in associazione: «Di Cristina all’epoca vollero visionare e sequestrarono anche la lettera motivazionale. In cui spiegava, da un punto di vista prevalentemente di fede religiosa e cristiana, perché si voleva impegnare come volontaria per chi soffre. Un impegno quello all’interno dell’Avo che per tutti era 7 giorni su 7 per tutto l’anno. La scomparsa delle due ragazze impressionò tutti. Anche perché fin da subito il timore era che ad agire potesse essere stato qualcuno vicino anche agli ambienti del volontariato e religiosi che frequentavano. Noi stessi all’interno dell’Avo ci guardammo in faccia pensierosi nel timore che chi aveva fatto del male a Cristina in particolare potesse averla conosciuta proprio tra di noi. Poi le cose sono cambiate. Da dopo il ritrovamento di Chiara nel Savio di Cristina Golinucci si sono dette tantissime cose. Molte delle quali per me palesemente false, su ciò che le poteva essere capitato o su come si sarebbe potuta volontariamente allontanare da casa». La speranza comunque è che ora le nuove indagini ed i rilievi sul cadavere di Chiara Bolognesi possano dare un volto definito a chi ha fatto loro del male. «E per scoprire se nell’Avo ci sia stata questa persona posso mettere a disposizione un elenco agli investigatori. Essendo tra i soci fondatori e fin quando ho frequentato l’associazione ho compilato una rubrica. Con nomi, cognomi, numeri di telefono di allora ed indirizzi dell’epoca di tutte le persone. Sono 620 nomi e numeri. Dove figurano anche Chiara Bolognesi e Cristina Golinucci. È a casa mia. Se gli investigatori ne hanno bisogno per capire se un mostro si annidava tra noi, è a loro disposizione».

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