Boncellino allagata: "E' mancata la manutenzione"

Chi abita nei pressi dell’argine del Lamone non ha mai avuto dubbi sullo stato d’incuria di quel fiume, ma quelli di Boncellino, la frazione in cui la furia dell’acqua ha disintegrato l’argine sia nella prima che nella seconda alluvione, lo avevano anche segnalato in precedenza. E oggi li ribadiscono. «Non può continuare ad esserci un bosco in mezzo al fiume – spiega Gilberto, un residente che conosce e vive quel tratto del Lamone da quando era un bambino – perché quello è l’habitat ideale per animali come tassi e istrici, questi ultimi tra i maggiori responsabili delle profonde tane che minano l’esistenza degli argini. Nemmeno due anni fa ne abbiamo segnalate tante e alcuni interventi sono stati fatti. Ma da allora più nulla – sottolinea – e lo scenario è sotto gli occhi di tutti. Tante tane e sono molte di più quelle che non si riescono nemmeno a vedere perché l’erba è troppo alta. Non si può tagliare solo quella lungo la pista ciclabile, perché poi i risultati sono questi».
Che di istrici ce ne siano tanti e la loro presenza sia aumentata moltissimo negli ultimi dieci anni lo confermano anche altri residenti, ma lo testimonia il fatto che periodicamente ne vengono investiti dalle auto.
Le tane che si sono aperte nel giro di due settimane ce le mostrano e sono veramente impressionanti. «Riesce a entrarci quasi un bambino – prosegue Gilberto –. Andrebbe sbancato l’argine, ma spesso sono talmente profonde, anche oltre sei metri, che diventa pericoloso farlo. Non ci resta che segnalarle, ma diventa quasi impossibile se la vegetazione rimane così alta».
Lungo quel tratto, peraltro, procedono i lavori per il rifacimento dell’argine, per la seconda volta. Già, perché il primo ricostruito non ha retto la seconda ondata di metà maggio, finendo per sbriciolarsi e conseguentemente travolgere due auto della Polizia locale e spargere i massi ciclopici con cui era stato ripristinato a distanza di oltre cento metri. E questi hanno disintegrato tutto ciò che hanno trovato sul loro tragitto.
«Questa drammatica situazione si poteva evitare – rimarca Antonio Gordini, agricoltore del posto con alcuni terreni sotto l’argine, molti dei quali allagati – bastava fare quella manutenzione che da troppi anni non si fa più. Ad aggravare il tutto ci pensano gli animali selvatici protetti che bucano gli argini con una facilità impressionante e che qui non ci dovrebbero essere. Però non si dice, o non abbastanza. E nessuno fa nulla, perché si tutela più l’istrice e l’albero in mezzo al fiume che il lavoro e l’esistenza dell’uomo».
Certo è che per salvare quei pochi alberi incriminati – che poi oggi sono stati abbattuti dalla piena o dalle benne degli escavatori – il verde dei frutteti e dei terreni è stato completamente allagato e trasformato in una lastra screpolata d’argilla.