Gialuz: "Barcolana: no al gigantismo, sì alle barche piccole. I foil? Faremo qualcosa"

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La vela per tutti. Il rispetto per l'ambiente. La capacità di guardare al futuro senza dimenticare il passato. Il legame con la vela di tutto l'Adriatico. Mitja Gialuz, presidente della Società Velica di Barcola e Grignano, spiega cosa è la Barcolana.

Intanto proviamo a definire e misurare il fenomeno Barcolana. Fra volontari e professionisti quante persone lavorano per la Barcolana? Quante assistono agli eventi?

«E' una grandissima festa del mare organizzata dalla Società Velica di Barcola e Grignano e dalla Barcolana srl. Lavorano tutto l'anno una trentina di persone e sotto evento si arriva a circa duecento tra volontari e professionisti. E' un bell'esempio di come nello sport il professionismo va insieme al volontariato. E' cresciuta nel corso degli anni grazie al mix di questi due fattori e al supporto delle istituzioni, del territorio, delle forze dell'ordine e a tante associazioni della città di Trieste e della regione Friuli Venezia-Giulia. E' un esempio di come attorno a un evento sportivo ci può essere un'alleanza tra pubblico e privato con tanti sponsor che supportano la manifestazione che peraltro è finanziata per oltre il 70 per cento da risorse private... E anche questo è esempio virtuoso se confrontato ad altri eventi. C'è un investimento pubblico che peraltro viene ampiamente ripagato dall'indotto».

Quante persone si stimano presenti durante l'iniziativa?

«Durante l'intero periodo della Barcolana si stimano tra 200 e 300mila persone a Trieste e dintorni a seconda degli anni e soprattutto del meteo».

Un bilancio dopo 55 anni. Cosa era la Barcolana del passato? Cos'è oggi? Cosa volete sia in futuro?

«La Barcolana nasce come regata di circolo di un piccolo circolo nel momento in cui lo yachting diventava popolare e si trasformava in sailing, alla fine degli anni sessanta quando iniziavano a diffondersi barche di vetroresina. Allora si chiamava Coppa d'autunno e nel corso degli anni è cresciuta con i numeri degli iscritti. Prima centinaia negli anni '80, mille nei primi anni ’90, quasi duemila anni nei primi anni 2000... Nel 2017 si è sfondato il tetto dei 2000 e nel 2018 è diventata la più grande del mondo con 2689 iscritti, entrando così nel Guinness dei primati come la regata più partecipata della storia della vela. Il futuro? Il futuro è quello di una regata che continua a a guardare alle barche più piccole... In un mondo della vela in cui si insegue un certo gigantismo, noi della Barcolana pensiamo che la vela debba essere uno sport praticato anche da chi ha la barca fra i 6 e i 12 metri. Noi pensiamo soprattutto che la vela adriatica debba mantenere questa sua peculiarità di rendere accessibile questo sport anche a chi non si può permettere una barca da 15 metri e più. La Barcolana sarà sempre una grande festa della vela popolare e inclusiva».

Ogni anno si sviluppa sempre più la collaborazione con le altre realtà dell'Adriatico e tra queste Ravenna. E' un percorso che può trovare nuovi orizzonti anche al di fuori dell'appuntamento di ottobre?

«Sì, assolutamente. C'è un rapporto col Circolo Velico Ravennate molto strutturato che passa per il confronto sull'organizzazione delle regate per la partecipazione dei nostri atleti alle regate organizzate in Romagna.... Quest'anno poi c'è stato il campionato italiano Optimist a Ravenna e un nostro atleta è diventato campione italiano Optimist proprio lì. C'è un rapporto di stretta amicizia e collaborazione col Circolo Velico Ravennate e non solo... anche con altri circoli di Ravenna e della Romagna. L'idea è che la Barcolana faccia sempre più rete con una realtà della vela adriatica che è molto importante. Spesso si celebra la vela tirrenica ma quest'anno ricorre il quarantesimo di Azzurra e in quel pozzetto lo skipper era un certo Cino Ricci e il timoniere un certo Mauro Pelaschier, due velisti adriatici».

Vela e Romagna. Cosa le viene in mente?

«Mi vengono in mente... Intanto la mia infanzia, perché ho regatato tanto tra Cervia, Rimini, Lido del Savio e Lido degli Estensi, con Optimist e 420. Ricordo di bei campi di regata con una bella termica e condizioni ideali per imparare ad andare per mare in sicurezza. E poi un grande dinamismo e grande attenzione per le derive... E in particolare il porto di Ravenna, uno dei porti più grandi dell'Adriatico e più sicuri... ma anche più accoglienti perché si sta bene e si mangia bene. Non c'è solo l'andare per mare ma c'è anche il terzo tempo che è molto piacevole anche se questo è un aspetto che ho vissuto più da grande...»

L'anno scorso per la prima volta nella storia della Barcolana ha vinto la regata una skipper donna, Wendy Schmidt. Da anni cercate di promuovere la gender equality nella vela. Quanta strada è stata fatta e quanta ancora ce n'è da fare?

«Di strada rispetto a qualche anno fa ne è stata fatta e stanno crescendo meritoriamente gli equipaggi misti sulle derive. Certo però di strada ne rimane ancora da fare, ma penso la vela possa essere più di altri sport un laboratorio per promuovere l'eguaglianza di genere perché è uno sport in cui c'è una componente fisica ma è molto di più del solo fisico... Ci sono componenti di tattica e di strategia e quello che può essere il divario fisico tra uomo e donna in alcune classi può essere più ridotto rispetto ad altri sport».

Quali messaggi vorrebbe che la Barcolana lanciasse a chi non è a Trieste, al resto del Paese, con le sue banchine, le sue barche, i suoi equipaggi?

«Il messaggio è quello del Barcolana Sea summit: la necessità di fare una virata e cambiare rotta sulla tutela dell'ambiente. Quello che è successo quest'anno a Ravenna e in Romagna ci ha dimostrato una volta di più, se ce ne fosse bisogno, che il clima sta cambiando repentinamente e in questo cambiamento c'è anche una componente importante che deriva dallo sfruttamento del Pianeta. E quindi il messaggio che diamo è che siamo tutti sulla stessa barca e tutti assieme dobbiamo cambiare rotta per la salvaguardia dell'ambiente».

A quando risale il suo primo ricordo della Barcolana?

«Quando andavo in Optimist partecipare alla Barcolana era un'aspirazione e poi era un rito di passaggio. Quando un bambino partecipa alla Barcolana diventava un velista, diventa grande. Nel caso specifico avevo 9 anni. Era il 1984. Grande emozione anche perché era una Barcolana di Bora. Battesimo di fuoco».

È ancora lontano il giorno in cui consentirete l'uso dei foil?

«All'interno della grande regata credo di sì perché c'è un tema di sicurezza. Nelle manifestazioni collaterali c'è già stato il foil e stiamo lavorando per avere una regata che possa avere anche le barche foiling. E' una vela adrenalica e divertente. Vedo per i nostri ragazzi che dopo il 420 è uno sbocco molto divertente e noi crediamo che la Barcolana debba tenere assieme la tradizione delle barche classiche in legno e anche l'innovazione del foil...».

Ci potrebbe essere una regata a parte così come avviene con la Barcolana Classic, una sorta di Barcolana foiling?

«Esatto. Ci stiamo lavorando. Se sarà il 2024 o il 2025 non possiamo dirlo. E' un dossier che abbiamo sul tavolo. Assolutamente».

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