Barbara Baraldi e il suo "Cambiare le ossa" al Mystfest di Ravenna

Tra le protagoniste del Mystfest di Cattolica c’è l’autrice emiliana Barbara Baraldi: questa sera, in piazza 1° Maggio alle 21, presenta il thriller Cambiare le ossa (Giunti, pp. 396, euro 16,90). La protagonista è Aurora Scalviati, un’ispettrice di polizia chiamata ad indagare sulla morte dell’unico testimone di un caso di 34 anni prima, chiuso da suo padre Francesco la stessa notte in cui Aurora nacque. Nell’indagine si intrecciano passato e presente e Aurora è costretta a fare i conti con il proprio passato e ad avvicinarsi al complesso dibattito tra teologia e meccanica quantistica.

Partiamo dal titolo, “Cambiare le ossa”: è nato all’inizio o alla fine della stesura del libro?

«È una frase che un giorno ho detto, per qualcosa che mi aveva toccata in profondità, non solo sulla pelle ma dentro. Ho capito che doveva essere un titolo per Aurora (la protagonista di questo libro come di altri della stessa autrice, ndr) quindi è stato proprio il titolo a ispirarmi».

E a ispirarla nella narrazione ci sono stati anche dei fatti di cronaca?

«Sì, la trama è tracciata da un mistero di fondo, mi sono ispirata al mostro di Firenze. Una vicenda che mi aveva turbata molto da bambina. Crescendo mi sono documentata, per superare la paura, scoprendo così che un bambino era stato testimone all’omicidio di una coppia. Nel mio libro racconto la scena di questo crimine, partendo dalla cronaca».

La citazione di apertura del libro riporta una frase di Jung: «In ogni caos c’è un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto». Perché l’ha scelta?

«Nella realtà viviamo momenti che ci cambiano le ossa, ci sembra di esplodere, si sta molto male. A volte è come se ci fosse una ragnatela a legare i fatti ed è quello che spiega la fisica quantistica, non esiste una sola verità. La realtà non offre delle certezze e nei thriller noi scrittori andiamo a parlare di tutto quello che è inspiegabile, perturbante, mi piace molto questa parola, di quello che disorienta. L’ho trovata quindi una citazione perfetta perché Aurora, la protagonista, cerca di fare ordine in questo apparente disordine, di indagare l’oscurità».

Chi è davvero Aurora Scalviati?

«È una donna che ha una condizione mentale. Mi piace molto questa domanda perché mi da la possibilità di parlare di qualcosa di cui si parla troppo poco. Aurora è bipolare. Depressione, crisi d’ansia, attacchi di panico: sono ancora dei tabù. La scelta di una protagonista, donna, bipolare, che riesce a distinguersi sul lavoro, è un’ispettrice e non una vice, che ha delle difficoltà e che cerca di affrontarle è precisa. Aurora ha una mente particolare che la dà un potere, quello del pensiero laterale, e allo stesso tempo lei cerca di lottare con il suo buio».

Tra le pagine non c’è solo suspence ma anche approfondimento psicologico dei personaggi. Come riesce a raggiungerlo?

«Carlo Lucarelli diceva che lo scrittore in qualche modo è un ladro. È una definizione molto carina per spiegare che lo scrittore osserva molto la realtà per poi poter raccontare. Così sin da bambina ho sempre osservato, ascoltavo gli adulti. Per poter raccontare un’esperienza che non hai vissuto, omicidi, pulsioni, oscurità, bisogna partire dall’osservazione di sé stessi, io sono stata il mio primo esperimento. Mi sono sempre guardata come una creatura da scoprire, nelle mie paure, nelle mie debolezze, in quello che mi rendeva unica. Ad esempio fin da piccola ho sempre letto, i miei amici andavano alle feste e io restavo a casa a leggere. Mi sentivo diversa, sbagliata ma questo mi ha reso oggi una scrittrice. E cosi nascono i miei personaggi, sono persone che mi raccontano di loro, in questo mi sento una medium: attraverso la scrittura le porto al di qua del muro».

A proposito di libri: un elemento significativo nello sviluppo della narrazione è proprio un libro misterioso. Di cosa si tratta?

«È “La fede della meccanica quantistica” (finzione narrativa, ndr) di una teologa che ha un approccio scientifico e che cerca di spiegare cosa è la fede, cosa sono i miracoli. Una donna unica, emancipata che al tempo stesso ha una fede molto forte e che insegue e nutre attraverso il metodo scientifico. Questo libro è sul comodino di una vittima, è una stranezza che Aurora nota, diventa così un indizio cruciale, una prova che gli altri avevano scartato».

Al Mystfest lei è presente non solo come autrice ma anche come giurata del Premio Gran Giallo, il racconto vincitore sarà pubblicato nella collana “Il giallo” Mondadori. Come vive questo ruolo?

«Pensi che io arrivo dal Gran Giallo di Cattolica, ero stata vincitrice premiata nel 2007. Avevo scritto un racconto dal titolo “Una storia da rubare”. In quel periodo avevo mandato i miei scritti a tante case editrici, ricevendo solo rifiuti. Quando vidi il bando del “Gran giallo” decisi di partecipare, si svolgeva in forma anonima, meritocratica. Risultai finalista e poi vincitrice. Lo stesso editor della Mondadori che prima aveva rifiutato i miei lavori mi chiese se avessi un romanzo da proporre e lo avevo, era “ La bambola dagli occhi cristallo”, il mio primo libro pubblicato nella collana edita dal 1929 e che ha identificato con il colore giallo, questo genere in Italia, perché le copertine avevano questo colore. Il premio mi ha portato tanta fortuna e da ragazza che vinse nel 2007 porto l’esempio che bisogna crederci e che se si vuole essere letti da dei professionisti un premio di questo tipo, serio, meritocratico, è la via giusta».

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