Per garantire la continuità di un nuovo anno scolastico in presenza, l’Ausl di Imola è pronta a vaccinare i ragazzi che ancora mancano all’appello con la prima dose anche a scuola. Il progetto c’è già, lo ha messo a punto il Gruppo Covid-Scuola del Dipartimento sanità pubblica dell’Ausl Imola coordinato dalla pediatra Sandra Brusa, e dai primi di settembre verrà proposto agli istituti scolastici. Ex primaria della Pediatria di Imola, la dottoressa Brusa è andata in pensione poco prima che scoppiasse la pandemia e da subito si è messa a disposizione come medico volontario per il tracciamento nelle scuole e successivamente per le vaccinazioni. Quando la direzione sanitaria ha chiesto una proposta per implementare la vaccinazione nella fascia 12-19 anni in vista della riapertura delle scuole a settembre prossimo, Brusa si è messa al lavoro con la squadra che si dedica proprio al binomio scuola-pandemia. La proposta è stata appena approvata dalla cabina di regia dell’Ausl che si occupa di fronteggiare la pandemia sul territorio.
Vaccino e ragazzi
«Personalmente sono d’accordo con la Società italiana di pediatria che sostiene la vaccinazione. È vero che nel bambino il Covid è ad oggi una malattia non grave se si considerano i numeri. I ragazzi costituiscono il 10% di tutti i contagi da Covid in Italia, con 15 decessi registrati fino a giugno scorso – spiega la dottoressa Brusa –. Numeri che rendono lecito chiedersi se vale la pena vaccinare i ragazzi o no. Quanto alle motivazioni, non può essere una motivazione convincente per i ragazzi stessi, o i loro genitori, quella di vaccinarsi per proteggere nonni e famiglie. Ma la vaccinazione per la fascia 12-19 anni, per i più piccoli si deciderà poi, la vaccinazione è importante per varie ragioni. Abbiamo visto che i ragazzi diventano serbatoio di infezione: il più delle volte si ammalano in famiglia, poi agiscono da detonatore portando il virus in classe. Inoltre non è vero che la malattia sia sempre lieve: le complicazioni ci sono soprattutto con la variante delta anche in ragazzini asintomatici e possono esserci a distanza complicazioni renali, neurologiche o forme multisistemiche. Parliamo di casi rari ma comunque possibili. C’è poi un altro motivo, i ragazzi hanno bisogno di riprendere con costanza la scuola e questo è possibile solo avendo una vaccinazione che consenta di frequentare in sicurezza». Un mix di ragioni cliniche e sociali di cui, secondo la dottoressa, si dovrebbe dare informazione a chi ancora esita sul vaccino.
Informare ragazzi e genitori
«Già Imola è una zona felice con il 60% di adolescenti vaccinati e ora certamente l’accesso libero agli hub incrementerà le vaccinazioni – prosegue Brusa –. Quindi in realtà stiamo ragionando di numeri piccoli perché su una popolazione di circa 10mila adolescenti, con 6mila già vaccinati, ne restano 4000 e di qui a inizio della scuola saranno ancora meno. Per vincere queste resistenze, e non mi riferisco ai no vax che credo siano pochi a Imola, occorre parlare in modo trasparente e ascoltare». Nella prima metà di settembre l’obiettivo è quello di incontrare referenti scolastici e dirigenti e raccogliere le disponibilità di spazi scolastici adeguati. «Poi, con la collaborazione della scuola, vogliamo veicolare delle schede informative che diano risposta ai dubbi più frequenti sul vaccino, rischi e benefici, il tipo che verrà somministrato, allegando anche studi scientifici – spiega Brusa – e un modulo di adesione e di consenso da far compilare ai genitori. Per informare i genitori ipotizziamo due incontri pubblici aperti dove rispondere ai loro dubbi».
Vaccinare a scuola
Vaccinare a scuola potrebbe essere dunque un modo per incentivare ragazzi e famiglie, sostengono all’Ausl. «Occorre individuare un paio di scuole a Imola e una a Castel San Pietro con spazi abbastanza ampi per accoglienza, attesa pre e post vaccino e colloquio coi medici – spiega Brusa –. L’ideale sarebbe che gli insegnanti raccogliessero le adesioni e noi potessimo muoverci, senza rischio di sprecare risorse e dosi, quando ci sono almeno un centinaio di ragazzi da vaccinare. La squadra di vaccinatori si fa in fretta, ho già raccolto la disponibilità di diversi pediatri. Se funziona, la Società italiana di pediatria è interessata a far diventare questo un modello anche per altre realtà».