Artisti dimenticati: il riminese Galliano Ricci

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Ci sono artisti che vengono rigorosamente citati per la loro partecipazione a movimenti o gruppi d’avanguardia storici, impegnati in ricerche sulle nuove tendenze dell’arte, senza alcuna iconografia personale o scheda biografica a corredo.

Uno degli esempi più eclatanti è Galliano Ricci (San Mauro Pascoli 1929 – Rimini 1998), del quale ricorre il venticinquesimo anniversario della scomparsa. Nessuna notizia su di lui, le poche disponibili sono quelle riferite dai familiari e dal pieghevole relativo alla sua personale del 1986, I ritmi dell’ambiguità, alla Galleria Malatestiana di Rimini sul quale sono riprodotte alcune opere, essenziali e geometriche di gusto metafisico realizzate su supporti sabbiosi per ottenere tonalità e colori omogenei.

Si avvicina alla pittura grazie all’interesse del compaesano Gugliemo “Mino” Giovagnoli maestro, professore di Lettere, direttore e ispettore scolastico, giornalista, studioso di Giovanni Pascoli e pittore. Dopo il diploma magistrale, Ricci inizia l’insegnamento elementare in piccole scuole di campagna, continuando a dipingere paesaggi e ritratti seguendo una matrice figurativa cromaticamente molto piacevole. Nel 1961 si trasferisce a Rimini ed entra a far parte del primo nucleo del Gruppo Visione o Gruppo V, promosso da Giuseppe “Pino” Parini, scomparso quasi centenario in questi giorni. Una vita dedicata alla ricerca estetica sperimentale e alla didattica artistica quella di Parini, il quale, con Silvio Ceccato, direttore del Centro di cibernetica dell’Università di Milano, sviluppa protocolli d’indagine sulla percezione ottica partendo dal presupposto che la vista non è determinata dagli occhi ma dalla mente. L’intento iniziale è di studiare e realizzare strumenti capaci di osservare ed elaborare informazioni dalle percezioni visive della macchina, così da riconoscere automaticamente forme e contesti, dando luogo a prodotti estetici seriabili. Con lui, oltre a Ricci, Giorgio Benzi, Flavio Casadei, Gerardo Filiberto Dasi, Giulio Tedioli, Mario Valentini, Antonio Valmaggi e Aldo Villani.

Nell’agosto 1964 il Gruppo espone al XV Premio Avezzano “Strutture di visione”, in settembre si dichiara ufficialmente al Convegno internazionale di artisti, critici e studiosi d’arte organizzato da Dasi a Verucchio, e in novembre presenta la “catena operativa” a Urbino.

A vario titolo, per tempi e interessi diversi al Gruppo si aggiungono: Augusto Betti, Dario Campana, lo scultore che dirige la Galleria Sincron di Rimini, loro punto di incontro, Vittorio D’Augusta, Eugenio Lombardini, Bruno Marabini, Massimo Marra, Celso Miselli, Giuseppe Piombini, Giorgio Scarpa, Giancarlo Valentini e… Bruno Munari, il quale porterà nuovi stimoli e indirizzi estetico-funzionali.

Intanto Ricci si allontana, diventa direttore didattico prima in Sardegna poi in provincia di Pavia per concludere la carriera a Mondaino fino al pensionamento. Qualche anno dopo una grave invalidità gli impedirà di dipingere. Dal 2019 una serie di suoi quadri, dono della famiglia, entra a far parte del patrimonio comunale di San Mauro Pascoli.

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