Angelo Mariani, una biografia per rendergli giustizia

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Nel bicentenario della nascita di Angelo Mariani esce una biografia che approfondisce il genio del primo tra i moderni direttori d’orchestra in Italia. S’intitola “Angelo Mariani. Un grande musicista dell’Ottocento” il testo che al contempo riscatta la sua figura di uomo spesso bistrattata dopo la rottura con Giuseppe Verdi. L’autore, Andrea Maramotti, è storico della musica, ma anche bibliotecario e docente all’Istituto Giuseppe Verdi di Ravenna. E per 20 anni collaboratore di quotidiani, settimanali e riviste specializzate.

Com’è nato l’interesse per Mariani?

«Il suo nome mi era familiare, perché mio padre che era musicista e docente me ne parlava spesso. Inoltre a lui è intitolata una via nevralgica della nostra Ravenna. Proprio l’associazione Mariani mi invitò nel 1987 a presentare il libro di Amedeo Potito, un sacerdote che aveva raccolto e pubblicato documenti autografi, tra cui l’autobiografia scritta per Giulio Ricordi. Avevo una trentina d’anni e con l’inesperienza tipica dei giovani pensai di aver esaurito l’argomento. Con l’occasione pubblicai un opuscolo di 20 pagine ormai introvabile. Dopo sono tornato spesso sulla sua figura constatando che lo scavo andava approfondito. Finché nel 2012, chiamato a Parma al festival verdiano, relazionai su Mariani e sui rapporti con Verdi. E così l’anno seguente a Ravenna, durante un convegno in collaborazione con il Conservatorio di Parma a 140 anni dalla morte del noto direttore. Ma fu dopo una comunicazione a Studi romagnoli nel 2017 che arrivai all’idea del libro».

Chi era Mariani?

«Un gigante davanti all’orchestra, ma un uomo molto fragile, malinconico e malato. L’esatto contrario di Verdi dunque. Nonostante si sentisse solo, in morte ricevette i funerali di un principe per la sua caratura artistica».

Eppure varie fonti lasciano di lui un’immagine poco lusinghiera.

«È questo uno dei motivi che mi ha spinto a scrivere il libro. Studiando documenti tra Genova, Pesaro, Faenza Milano e non solo mi sono imbattuto in giudizi duri, ma ho rilevato che di vero non c’era nulla. A innescare la miccia fu il giudizio di Verdi che gli imputó la “rottura” di un’amicizia e collaborazione durata 15 anni. Ma pesò anche l’avversione di Giuseppina Strepponi (seconda moglie di Verdi, ndr), evidente nelle sue lettere. Un’altra accusa? Aver amministrato male il denaro di Teresa Stoltz (sua fidanzata e soprano, ndr) ma le riconsegnò la somma investita con gli interessi».

Verdi muove accuse precise?

«In primis il fallimento del progetto di una messa collettiva per Rossini da organizzare a Bologna nel novembre 1869. Mariani si era offerto di dirigere e i ruoli erano già distribuiti. Intanto Pesaro gli offrí le celebrazioni di agosto per Rossini. Accettò ma nulla dimostra che si fosse dimenticato dell’impegno con Verdi. Anzi non si rassegnò mai al dissidio con quello che considerava un padre».

La relazione di Stoltz con Verdi giocó un ruolo nella crisi?

«Penso che la relazione ci sia stata. Tuttavia a infastidire Verdi in un mix di fattori fu piuttosto il “divismo di certi direttori”».

Perché a Mariani fu cara Sant’Agata Feltria che poi gli intitolò il teatro?

«Fu il luogo che gli conferì il primo incarico e dove familiarizzò con gli strumenti a fiato».

Proprio nel teatro si terrà il 7 novembre alle 16.30 la presentazione del libro. Che sarà preceduta dai contributi dello storico Manlio Flenghi su “L’inizio della carriera del maestro Mariani a Sant’Agata Feltria” e di Marco Davide Cangini “Mariani a Genova in casa Pallavicino Sauli”.

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