Amarena Fabbri, vaso faentino inimitabile

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Il vaso delle Amarene Fabbri: un’icona italiana celebre in tutto il mondo e per questo imitata, copiata, plagiata. Naturalmente la replica non riesce mai ad eguagliare l’originale, e devono essersene accorti anche i giudici della Corte del Popolo del distretto di Shanghai Yangpu, che in una sentenza ha riconosciuto «l’alta reputazione del packaging di Fabbri», rendendo così giustizia a un marchio il cui design non potrà più essere replicato da altri, almeno in Cina.

Stop alle copie

La decisione, resa nota in questi giorni, è stata emessa il 29 luglio 2020 e notificata alle parti l’11 agosto: a farne le spese sono le aziende dolciarie cinesi Yi Pai Chocolate e Beijing Jin Mai Xing Long Food, che per le proprie confezioni non potranno più servirsi della decorazione blu su sfondo bianco così simile a quella della Fabbri.

Se sono in molti a conoscere e apprezzare le amarene prodotte dall’azienda bolognese, non tutti sanno però a chi si deve l’inimitabile motivo: la risposta va rintracciata in una delle più blasonate botteghe ceramiche faentine e nel suo fondatore Riccardo Gatti. La storia di come nacque la collaborazione con la Fabbri viene raccontata da Davide Servadei, pronipote di Riccardo e attuale co-titolare della Bottega Gatti insieme alla sorella Marta: «Nel 1928 Riccardo Gatti aveva appena fondato la sua bottega – spiega Servadei –. Gennaro Fabbri venne a Faenza per incontrarlo e commissionargli la decorazione per il vaso delle amarene».

I carretti dei gelati

Il vaso, di cui una copia originale è ancora conservata nel museo annesso alla bottega, aveva una forma tipicamente orientale, con le spalle larghe e la base stretta: «Era necessaria – prosegue Servadei – per poterlo collocare nei carretti del gelato». Gatti si ispirò quindi alla tradizione della propria città e modificò un tipo di decoro rinascimentale manfredo, detto “alla porcellana”, caratterizzato dalla presenza di temi floreali blu, scuro in campo bianco. Tale motivo era arrivato in Europa attraverso gli scambi lungo la Via della Seta: anche per questo oggi risulta un curioso caso della storia che l’alt alle imitazioni sia arrivato proprio dalla Cina. Ma si sa, i tempi cambiano, e anche la decorazione ideata da Gatti nel corso degli anni ha subito rimodulazioni e aggiustamenti, rimanendo tuttavia sempre riconoscibile e fedele a se stessa: si ricorda ad esempio la versione dorata realizzata per il centenario della Fabbri, nel 2005.

Il cenacolo Baccariniano

«L’idea di modificare il passato, l’antico – commenta Servadei – era piuttosto in voga negli anni ’20 a Faenza, sulla scia del Cenacolo Baccariniano di cui lo stesso Gatti fece parte». Il Cenacolo, che prendeva il nome dal pittore e scultore Domenico Baccarini, enfant prodige dell’arte scomparso a soli 25 anni, segnò una stagione straordinaria per la cultura faentina lasciando un’impronta anche sulla scena europea.

Ceramica futurista

Ma per Gatti non ci fu solo l’antico: nel 1928, pochi mesi dopo aver fondato la bottega che ancora oggi porta il suo nome, l’artista fu tra i principali fautori della “Prima Mostra della Ceramica Futurista”, organizzata presso la sede dell’allora Società Musicale Giuseppe Sarti e inaugurata niente meno che da Filippo Tommaso Marinetti.

Da Burri ai reali inglesi

Da allora la Bottega Gatti ha sempre mantenuto un alto livello, riconosciuto sia dalla critica che dai tanti artisti che, volendosi cimentare con la ceramica, l’hanno scelta: impossibile nominarli tutti, ma vanno ricordati almeno Alberto Burri, Mimmo Paladino, Luigi Ontani. La qualità delle ceramiche della bottega è arrivata a stregare perfino la corona inglese, ma forse resta proprio il decoro realizzato per Fabbri la creazione di Gatti più diffusa al mondo: un’unicità ora riconosciuta anche dai cinesi.

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