Alcol e minori: "Un pericolo in aumento anche a Cesena"

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Alcol e minori: ciò a cui si sta assistendo è il concretizzarsi di una tendenza già notata prima della pandemia. Se da una parte l’Ausl si impegnerà per fondere molto più che in passato le collaborazioni di competenza tra i servizi di dipendenze patologiche e quelli che si occupano delle problematiche di natura psichica nei minori, un ruolo fondamentale, a livello di prevenzione, resta in capo da una parte alle famiglie e dall’altra all’ambiente scolastico.

Michele Sanza, già direttore dell’unità operativa Dipendenze Patologiche di Cesena e da qualche tempo nuovo direttore del dipartimento di Salute Mentale e dipendenze Patologiche di Forlì - Cesena dell’Ausl Romagna, prende in esame la vicenda del 14enne trovato in stato di semi incoscienza a causa di una intossicazione da alcol: nel pieno della movida serale del centro storico cittadino.

Il 14enne, ricoverato sotto osservazione all’Obi del Bufalini, è stato dimesso la mattina seguente.

La sua vicenda ha riportato alla luce quanto più volte segnalato dai residenti e dai fruitori del centro storico. La frequenza ormai sistematica di minorenni, anche molto giovani, che si ubriacano anche in un’età in cui neppure potrebbero avere accesso ad alcolici e superalcolici.

«Quello che stiamo vedendo dai nostri servizi - spiega Sanza - è la recrudescenza di una tendenza che avevamo comunque già notato anche prima della pandemia da coronavirus. Soprattutto per quanto riguarda i minori anche di età giovane e giovanissima. C’è una netta diminuzione dell’età di primo contatto con le sostanze ed una tendenza allo viluppo del fenomeno del binge-drinking (assunzione di elevate quantità di alcol in poche ore, ndr).

Un consumo di alcolici tale che, per i più giovani, può indurre anche una forte alterazione dello stato mentale. Con ripercussioni che poi finiscono per essere osservate anche nella vita quotidiana. Come ad esempio (più spesso nelle ragazzine) uno stato che conduce ad avere anche disturbi alimentari».

L’alcol e gli eccessi che arrivano alle dipendenze possono incidere in tante maniere: «Da difficoltà relazionali, disagio scolastico fino a forme di abbandono degli studi o continui attacchi di ansia. Tutte problematiche correlate che in seguito alla pandemia, ed al ritorno agli studi, si sono accentuate notevolmente rispetto al passato».

I Sert ed i servizi sanitari entrano in contato solo con i casi più gravi: «Per fortuna stiamo ancora parlando di numeri piccoli pur essendo quantità in crescita e che quindi devono tenere alta la nostra attenzione. Chi approda ai servizi sulle dipendenze ed alla Neuropsichiatria infantile rappresenta però la punta di un iceberg sommerso che non va sottovalutato. I nostri operatori che vengono a contatto con l’universo che gravita attorno al mondo delle scuole ci fanno notare come la sofferenza mentale post pandemia sia cresciuta. E per i minori troppo spesso l’unico “rimedio” che concepiscono o che trovano a portata, per affievolire il malessere interiore, è entrare nell’universo degli abusi che conducono alle dipendenze».

Cosa fare? «È bene differenziare le problematiche. Perché come detto non sempre si ha a che fare con casi gravi o subito gravissimi. Un genitore che nota una potenziale problematica non deve correre da noi. Il primo step passa di certo dai pediatri di libera scelta che conoscono il minore, la sua situazione familiare ed hanno gli strumenti per iniziare in autonomia tecniche di prevenzione già di per sé quasi sempre molto efficaci. In famiglia, con bimbi e ragazzini, ciò che conta di più è l’esempio. Se un minore è a contatto e vede i genitori abusare di alcol o, come purtroppo a volte accade, è “normale” per lui vedere il padre o la madre che assumono droghe, non potrà far altro che cercare l’emulazione “potenziata” di questi gesti, a caccia di un alleviarsi l’animo che può diventare subito o quasi una malattia da dipendenza».

Comunicazione genitori - figli e stili di vita sani sono un primo passo preventivo fondamentale. «Poi c’è la scuola: che è “venuta meno” drasticamente nei periodi pandemici. Non tanto per insegnanti ed adulti che la caratterizzano e che possono fungere da campanello d’allarme di disagi visibili in classe. Quanto per l’istruzione e la sana socializzazione che solo il contato con coetanei e la condivisione di un cammino comune possono dare: come beneficio per non dover cercare appagamento nell’uso di alcol o sostanze».

Poi c’è il fronte dei servizi specialistici come quello per le dipendenze o la neuro psichiatria infantile.

«Ciò che sempre più speso notiamo - chiosa Sanza - è che a problematiche di abuso di sostanze si associano anche problematiche che afferiscono alla competenza psichiatrica. Il nostro impegno come sanità pubblica deve essere quello di accorgerci in tempo di questo doppio binario patologico. Serve spingere verso un’innovazione dei due servizi coinvolti sviluppandone i contenuti in maniera da poter collaborare sempre più strettamente e metterci in condizione di affrontare al meglio l’epidemiologia i questione.

È importante collaborare in maniera sempre più stretta con il centro di salute come importante è che l’offerta di cura della salute mentale si aggiorni anche sul fronte minorile con progetti, che possano essere anche di terapia di gruppo; offrendo trattamenti basati sulle evidenze scientifiche per le problematiche dei nostri giovanissimi. In generale un intervento precoce è sempre quello che garantisce a distanza una prognosi migliore. La natura dei servizi, organizzati per unità operative distinte, può creare problemi ed il nostro impegno è quello di superarli».

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