Al Bonci di Cesena arriva Marta Cuscunà: l'intervista

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Marta Cuscunà è attrice e autrice che ama scovare storie meno consuete, anche controverse, che narra con pupazzi atipici. Il suo quinto spettacolo si spinge nella fantascienza; quella, nel caso, raccontata dalla pensatrice americana eco-femminista Donna Haraway.

È infatti dal saggio “Staying with the trouble” (“Rimanere con il disordine”, del 2016) tradotto in italiano due anni fa, che Cuscunà attinge per lo spettacolo Earthbound ovvero la storia delle Camille, in arrivo al Bonci di Cesena questa sera alle 21, con repliche fino a domenica 27 febbraio. È una coproduzione di Ert, Css Teatro Friuli Venezia Giulia, Etnorama, e sostegno di São Luiz Teatro Municipal di Lisbona. L’idea è di trovare una soluzione all’atteggiamento distruttivo del game over del pianeta.

In questo monologo Cuscunà si fa lei stessa personaggio fra le creature protagoniste, sorta di esseri umani ibridati con genoma di specie in via di estinzione, per una soluzione possibile al futuro del pianeta Terra.

Cosa racconta in questo suo lavoro dai nomi “strani”?

«Porto parte del mondo immaginato da Donna Haraway. Lei immagina un futuro prossimo in cui la nostra specie inventerà soluzioni per sopravvivere su un pianeta danneggiato, attraverso l’alleanza con le altre specie. Donna immagina che la salvezza arrivi dalla popolazione di Camille, Earthbound; sono creature che vengono al mondo come simbionti, ossia esseri umani il cui patrimonio genetico è stato ibridato con quello di specie in via di estinzione. Così facendo, la comunità si preoccupa di salvaguardare il patrimonio genetico di specie che altrimenti andrebbero perdute».

Alla nascita di ibridi la scrittrice aggiunge però la necessità di limitare la procreazione.

«Questi popoli di Camille-Earthbound sono consapevoli che le risorse non sono infinite e la scelta di riprodursi illimitatamente non è sostenibile. Così decidono di stabilire una politica di controllo delle nascite basata su legami di cura, anziché biologici. Per questa popolazione ogni nuovo nato/a è una creatura rara e preziosa di cui tutta la comunità deve assumersi la responsabilità; mettere al mondo una nuova persona diventa quindi una scelta collettiva con responsabilità di tutti».

Il futuro prevede dunque simbionti buoni e una sorta di procreazione più comunitaria che individuale?

«La prospettiva di un futuro possibile di simbiosi tra creature ibride va a scardinare l’immaginario a cui ci hanno abituati la narrativa e il cinema di fantascienza, dove gli ibridi sono sempre creature pericolose. Qui la convivenza tra specie diverse, la differenza come dato di ricchezza, e non di superiorità o inferiorità, offrono un nuovo approccio. Nei pensieri eco-femministi il termine individuo viene smontato. La stessa biologia contemporanea ci ha mostrato che ogni individuo “singolo” contiene dentro di sé milioni di batteri, di microbi, funghi, più simile a un “condominio” di esseri di specie diversa che vivono in simbiosi».

Che cosa l’affascina di questa visione?

«È per me molto entusiasmante il fatto che Donna Haraway si sia posta l’obiettivo di trovare un modo per superare lo scoramento di questo momento, in cui ci siamo resi conto di non sapere se siamo in grado di risanare il nostro pianeta. Aggiungo l’idea di superare il concetto del profitto sfrenato della nostra specie, del più forte che domina il più debole; qui la cura ha a che vedere con gli esseri che di solito vengono considerati insignificanti o sacrificabili, nella visione di Donna diventano importanti allo stesso modo».

Come racconta questo mondo sul palco?

«Il mio monologo è costruito su toni di commedia così come usa Haraway, che unisce temi forti a leggerezza. La terra è abitata da simbionti, che raccontano le loro vicissitudini quotidiane. Io sono in scena con loro, do loro voce, ma sono io stessa un personaggio, una intelligenza artificiale, un po’ come la Siri dei telefonini che aiuta questi futuri nipoti a vivere nel mondo».

Come è costruito l’impianto visivo fantascientifico?

«Con il mio team solido, Paola Villani e Marco Rogante, realizziamo simbionti in forma di creature meccaniche, costruite in modo iperrealistico; si muove anche una cupola geodetica ispirata al modello ecologico utilizzato in architettura. Le creature animatroniche sono del team Oldskull Fx di Lisbona. Non c’è però alcun effetto fantascientifico come nel cinema, tutto quello che si muove in scena, e dal vivo, ha come motore unicamente le braccia umane, nient’altro».

Info: 0547 355959

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