“Apprendisti con esperienza”: cosa non va nel mercato del lavoro

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Nel mercato del lavoro, Romagna compresa, qualcosa non sta funzionando. Le colpe, anche in questo caso, ben pochi le vogliono e la conseguenza è l’apertura di un “mercato delle responsabilità” dove nessuno acquista, ma tutto vogliono vendere. I nodi, però, stanno iniziando a venire al pettine. L’offerta fatica a incrociarsi con la domanda e le motivazioni sembrano essere un tantino più complesse di quelle che vogliono gettare tutto sulle spalle del vituperato Reddito di cittadinanza.

Per tracciare il perimetro di un mercato del lavoro che, diciamolo subito, è profondamente mutato, è meglio partire da qualche numero. Il primo è 8.810 e sono i posti di lavoro messi a disposizione dalle imprese romagnole nel novembre 2021 secondo le rilevazioni fatte dal sistema informativo Excelsior (diffuse dalle camere di commercio).

Il secondo e più impressionante numero è 2mila e sono le posizioni professionali che le aziende, sempre a novembre, non sono riuscite a coprire per mancanza di candidati (oltre il 22%), a cui si aggiungono altri 1.430 posti di lavoro che non sono stati aggiudicati “per preparazione inadeguata dei candidati” e altri trecento circa rimasti inevasi per altri motivi. La sostanza dei numeri è tanto semplice quanto impietosa: nel 42% delle volte l’incrocio tra offerta e domanda di lavoro si scontra con dei problemi.

I dati mensili elaborati da Excelsior si muovono su queste cifre ormai dall’inizio dell’anno, a conferma delle complessità che da mesi stanno segnalando sia il mondo dell’imprenditoria che le sigle sindacali. E ancor più impietoso è il raffronto con gli anni passati: nel 2020 i tassi di difficoltà nel reperimento erano del 30% e del 25% nel 2019 e per quanto riguarda la mancanza di candidati si era fermata intorno al 13% l’anno scorso e all’11% l’anno prima.

Tornando all’oggi e provando a entrare nel dettaglio dell’indagine Excelsior, tra le figure dirigenziali mancano tecnici delle vendite e in campo informatico/ingegneristico, per quanto riguarda gli impiegati pesano invece le difficoltà di tutto il settore turistico (cuochi e camerieri, soprattutto, sono di difficile reperimento quasi nell’80% dei casi), venendo al segmento degli operai specializzati le carenze si verificano invece nel metalmeccanico e nella ricerca di camionisti, infine sulle professioni non qualificate in crisi di reperimento sono soprattutto i servizi. Ora il problema, in questo coacervo di dati, è quello di provare a capire il perché ciò stia avvenendo.

Precarizzazione

Una prima risposta la si può trovare nei rapporti provinciali dell’agenzia regionale per il lavoro, da cui emerge che nel primo semestre dell’anno in corso in Romagna sono stati attivati qualcosa come 126mila rapporti di lavoro dipendente (dato destagionalizzato) e, di questi, 118mila (più del 93%) hanno alla base contratti precari di apprendistato, tempo determinato o lavoro somministrato. Alla stabilità del tempo indeterminato, insomma, restano solo le briciole. In particolare, a Rimini sono stati attivati 38.037 contratti, di cui 35.926 precari e 2.112 indeterminati, a Forlì-Cesena 42.328, di cui 39.083 precari e 3.245 indeterminati, e a Ravenna 46.322, di cui 43.159 precari e 3.164 indeterminati.

Apprendista con esperienza

Il secondo problema sta invece in una parola: formazione. Le imprese, quasi, non ne vogliono più sentire parlare e, per questo, preferiscono andare alla ricerca di personale che sia già stato formato dalle scuole o che, comunque, sia stato formato da qualcun altro. Si è entrati così nell’epoca dell’iperspecializzazione, che è un tassello importante per decifrare cosa sta avvenendo nel mercato del lavoro romagnolo. L’esempio più interessante arriva guardando le qualifiche professionali o i livelli di scuola secondaria richiesti: per la maggior parte sono persone con competenze informatiche, meccaniche, meccatroniche, matematiche o di manutenzione industriale. L’operaio di oggi, insomma, non è più il lavoratore con martello e chiave inglese di ieri, ma è una figura maggiormente specializzata, che deve saper maneggiare anche strumentazioni complesse e tecnologiche.

Se, però, si unisce la precarizzazione all’iperspecializzazione cosa si ottiene?

Quelli che molti definiscono ironicamente, ma anche tristemente, come gli “apprendisti con esperienza”, super formati, ma mal pagati. Al punto che viene da chiedersi se, date le offerte, davvero l’imprenditoria romagnola creda o meno nella ripresa economica, o se piuttosto continui a muoversi a tentoni, cercando il più possibile di mantenere snello il suo bilancio di uscite mensili.

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