Antidoti di Guaraldi: Elon Musk

Cultura

So in anticipo che mi vergognerò come un ladro di scrivere le cose che sto per scrivere. Pensare che il piccolissimo drappello che ha davvero rivoluzionato il mondo come mai prima di questo secolo (e ha contemporaneamente accumulato ricchezze personali a livelli inauditi) sia formato da persone tutte più giovani di me, da Bill Gates e Steve Jobs (1955) a Jeff Bezos di Amazon (1964); da Larry Page e Sergey Brin, i due fondatori di Google (1973) a Mark Zuckerberg (1984), con quella sua faccia da imbranato, mi ha sempre messo i brividi. Mi ha sempre fatto sentire la nullità che sono, l’imbecillotto di un altro secolo, tramontato per sempre.
Ma in qualche modo, di riffa o di raffa, a furia di masticare l’erba amara dell’invidia inconscia verso chi ha ricevuto dal Padreterno così tanti talenti (e diciamolo pure, anche un bel po’ di culo!); e soprattutto ora che anche Bill Gates è invecchiato e pieno di rughe rispetto al ragazzino foruncoloso che io ricordo; e persino Sergey Brin ha la barba brizzolata, insomma, diciamo che me ne sono fatto una ragione.
Ma non avevo messo in conto che questi funghi imprevisti di genialità continuino ancora a spuntare, anche oggi, anche domani, a dispetto delle piogge acide e del surriscaldamento del pianeta che vanno di pari passo con l’imbarbarimento del quadro politico internazionale. Per cui confesso di essere rimasto spiazzato nel leggere che quest’altro ragazzone sudafricano, questo Elon Musk, classe 1971 (anni in cui io fondavo la casa editrice a Firenze), questo miscuglione di razze con madre canadese e padre proprietario di miniere di smeraldi in Zambia e nonna britannica, aveva sparato con successo nello spazio il suo “taxi spaziale” Crew Dragon con equipaggio di 4 persone per l’attracco alla Stazione Spaziale Internazionale; e aveva ricevuto i complimenti dei capi di mezzo mondo per il successo di questa sua “impresa privata”.
Pensare ai lanci spaziali come a una impresa privata mi lascia francamente perplesso. Confesso che avevo archiviato mentalmente Elon Musk come il creatore di Pay Pal e l’inventore di Tesla, l’azienda «più innovativa al mondo» che realizza l’automobile elettrica che recentemente ha raggiunto, leggo, il milione di auto prodotte. Insomma, questo personaggio, Ceo di troppe cose tutte troppo diverse fra di loro (basti pensare a Neuralink, una non meglio precisata “tecnologia rivoluzionaria per il cervello”), mi dava l’idea di uno finto, di un pallonaro, di un supereroe a fumetti totalmente inventato.
Dopo il lancio, dopo i complimenti di Trump, dopo le foto con Obama a Cape Canaveral, mi sono deciso a studiare il curriculum di questo imprenditore che intraprende così tante cose, si è sposato 5 volte e ha 7 figli di cui uno, l’ultimo, figlio della cantante franco-canadese Claire Boucher in arte Grimes, si chiama X Æ A-XII (pronuncia X Ash A Twelve), non scherzo. E sono rimasto ancora più spiazzato. Faccio prima a trascrivere: «Musk ha affermato che l’obiettivo di SolarCity, Tesla e SpaceX (e di tutte le altre società da lui fondate, ndr) ruota intorno all’ideale di cambiare il mondo e l’umanità».
Tutti i salmi finiscono in gloria
Francamente mi sembra di sognare: le sorti dell’umanità affidate a un singolo super eroe a cui i capi degli Stati che hanno fatto di tutto per distruggere il pianeta con le emissioni di anidride carbonica fanno oggi i complimenti per il successo del primo lancio operativo del suo Dragon? Parliamo di realtà o di Dragon Ball inteso come videogioco? Chi è davvero questo Elon Musk, bullizzato da ragazzino, che si naturalizza di qua e di la dell’Oceano come fosse roba da niente, noi che sappiamo che fatica costa rinnovare un passaporto? Chi è, l’Anticristo o il braccio operativo di papa Francesco e della sua enciclica ecologica?
Ci scherzo sopra, ma davvero mi inquieta non poco questa consegna dei grandi obbiettivi di salvezza del mondo in mani private, questa rinuncia degli Stati, delle democrazie, a governare in prima persona plurale, cioè collettivamente, fantasie progettuali così giustamente grandiose da rasentare l’onnipotenza.
Ricordo bene la mia ammirazione per il Google Earth di Page e Brin: mi sembrava fantastico che due ragazzini avessero potuto partorire anche solo l’idea di guardare ogni angolo, ogni lembo del nostro pianeta dall’alto, proprio grazie ai satelliti che ora Musk vorrebbe utilizzare per l’Internet superveloce del futuro.
No, non mi dispiace l’idea che il mondo sia dei visionari, mi dispiace piuttosto che questo talento sembri negato ai politici. E vorrei anche che i visionari non fossero matti. Mi verrebbe voglia di discuterne con Adeo Ressi, nato Adeodato Gregorio Ressi di Cervia, italo-americano amico intimo di Elon Musk fin dai tempi della University of Pensylvania dove avevano dato vita, cito, a «una discoteca non ufficiale a casa loro, vantando fino a 500 clienti in una sola notte». Buon sangue romagnolo non mente.

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