Annata amara per il miele in Romagna

FORLI'. È un anno amaro per il miele: il capriccioso meteo primaverile, ha falciato la produzione del 70 per cento che arriva fino al 100 per cento per alcuni mieli come quello di acacia. Contrariamente a quanto sarebbe facile pensare, di pari passo al calo della produzione sono diminuiti anche i prezzi a causa della concorrenza del mercato estero. Infine, le api sono stressate, debilitate e per questo più vulnerabili agli avvelenamenti, legati a pesticidi e i trattamenti agricoli. Se, dunque, non è un anno abbondante per i 403 apicoltori della nostra provincia, è un anno nettamente difficile per le api raggruppate nelle 25.389 arnie e nuclei presenti sempre a livello provinciale per circa 1.600 “apiari”, ovvero postazioni composte anche da più cassette di api. A minacciare questa importantissimo insetto, non è solo il meteo ma anche i veleni.

«È abbastanza diffusa la moria di api durante i trattamenti in agricoltura e nel verde pubblico – afferma Pietro Miliffi, presidente dell’associazione forlivese apicoltori (Afa) –. Vengono a mancare le bottinatrici, ovvero le api deputate alla raccolta del miele, che spesso vanno a morire davanti all’arnia».

Azioni di tutela
Un problema diffuso su tutto il territorio italiano tanto che ha spinto anche le Regioni a muoversi per trovare soluzioni volte alla tutela. «La normativa regionale ed anche il protocollo stilato tra apicoltori, associazioni di allevatori e produttori di veleni, ha individuato buone pratiche apistiche che indicano come ci si dovrebbe comportare. Purtroppo, queste indicazioni sono talvolta disattese». Insetticidi, acaricidi e prodotti tossici, sono frequentemente mortali per le api. La legge regionale numero 2, del 4 marzo scorso, parla chiaro: «al fine si salvaguardare le api è vietato eseguire qualsiasi trattamento con prodotti fitosanitari ed attività insetticida e acaricida sulle coltura arboree, erbacee, cementiere, floreali, ornamentali e sulla vegetazione spontanea, sia in ambiente agricolo che extra agricolo, durante il periodo della fioritura, dalla schiusa dei petali alla caduta degli stessi». Comportamenti in contrasto con quanto stabilito, possono essere puniti con sanzioni da 2.000 a 20.000 euro.

La vendita
Una minore disponibilità di miele italiano, non comporterà l’aumento dei prezzi a causa delle importazioni. «Quest’anno – spiega Miliffi –, a causa delle piogge continue di maggio, la produzione di miele è stata bassa. Nonostante ciò, i prezzi di vendita sono diminuiti di circa 1 euro al chilogrammo per effetto dell’acquisto di miele comunitario ed extracomunitario da parte degli invasettatori». Sugli scaffali dei supermercati, dunque, si potrebbero trovare mieli - spesso miscele di questi - provenienti anche da Stati estranei all’Unione Europea come la Cina. Aguzzando la vista ed interpretando le etichette, è possibile scoprire se si tratta di un miele prodotto nel nostro Paese oppure no. Un’operazione, questa, non sempre semplice. «Come cooperativa aderente a Confcooperative – continua – ci stiamo muovendo a livello ministeriale sia per ottenere un marchio di tutela del miele italiano, che per modificare le etichettature per avere maggiore chiarezza e più garanzie per il consumatore». Se, infatti, gli apicoltori italiani devono rispettare determinati protocolli, questi non sono i medesimi degli omologhi stranieri. «Anche il miele biologico dall’estero arriva a prezzi stracciati – sottolinea Miliffi – penalizzando quello italiano. Inoltre, il consumatore non conosce la filiera perché ogni Paese ha la propria normativa». Una nota dolce riguarda, infine, la professione di apicoltore: nonostante le difficoltà del mercato, infatti, il numero di chi intraprende questa strada negli anni è aumentato. «I nostri corsi di apicoltura invernali, tutti gli anni raggiungono una sessantina di partecipanti».

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