Aveva forti legami col territorio, dai contatti frequenti col Centro per la Pace “Ernesto Balducci” di Cesena alle messe nel longianese; poi col mondo della politica locale a 360°, all’interno dei gruppi scout come anche della comunità di Padre Orfeo in Valle Savio. Unanime il cordoglio e tanti i ricordi giunti in queste ore per la morte a 99 anni di monsignor Luigi Bettazzi: ultimo vescovo italiano testimone diretto del Concilio Vaticano II. Era nato il 23 novembre del 1923 a Treviso e sua madre aveva origini sarsinati.
In gioventù si era trasferito a Bologna dove era stato ordinato sacerdote nel ‘’46. Nel 1963 è stato nominato vescovo titolare di Tagaste e vescovo ausiliare di Bologna. Ha partecipato a 3 sessioni del Concilio Vaticano II al termine del quale è stato ordinato vescovo di Ivrea, diocesi amministrata fino al 1999. Nel 1968 era stato nominato presidente nazionale di Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace e nel 1978 ne è diventato presidente internazionale fino al 1985, vincendo per i suoi meriti il Premio Internazionale dell’Unesco per l’Educazione alla Pace.
I trascorsi a Longiano
Bettazzi è morto domenica scorsa. Tra le note caratteriali che lo hanno sempre contraddistinto c’erano la gentilezza ed un certo gusto dell’ironia, doti che mise in luce anche quando si recò in parrocchia a Budrio di Longiano il 26 ottobre 2016. Allora si festeggiava il 25° anniversario della chiesa parrocchiale e monsignor Bettazzi venne chiamato a presiedere una messa solenne. All’epoca la parrocchia era diretta da don Antonio Domeniconi che come aiutante aveva don Mario Lucchi che da giovane aveva studiato al seminario vescovile di Bologna con Bettazzi. L’intervista finale venne ripresa e condotta da Michele Casadei. Già allora il vescovo emerito di Ivrea parlò di come fosse rimasto ultimo testimone del Concilio e di quanto la chiesa dovesse continuare a battersi per la solidarietà stando tra la gente.
Padre Orfeo
«Bettazzi era ultimo erede e testimone del Concilio Vaticano II – ricordano i fedeli vicini a padre Orfeo, fondatore della Piccola Famiglia della Resurrezione -. Prese parte al Concilio insieme al Cardinale Lercaro e a don Dossetti. Questo ha segnato la sua vita, che dedicò a quel rinnovamento che il Concilio aveva scritto nei suoi decreti e che doveva entrare nel vivo della vita ecclesiale e civile. Mons. Bettazzi era in grande amicizia con padre Orfeo povero, fondatore della Pfr nel 1978, a Gerusalemme, consacrato dal vescovo Luigi Amaducci di Cesena ed è stato di sostegno e conforto nelle vicende ultime legate alle missioni e comunità monastiche di padre Orfeo che, ancora oggi, sacerdote diocesano, attende un segno dalla Chiesa istituzionale. Oggi nella Chiesa Cattolica si è in grado di respirare quella libertà e apertura conciliare? E’ salito in cielo un grande sostenitore e ci auguriamo che tanti possano seguire la sua testimonianza e portare frutti di speranza».
Forza Italia
Tante le testimonianze anche dal mondo politico in ricordo del vescovo emerito di Ivrea. La deputata Rosaria Tassinari,e responsabile del Coordinamento regionale di Forza Italia per l’Emilia Romagna, ha espresso cordoglio e partecipazione al dolore della famiglia dell’amato presule. «Noi azzurri impegnati in politica ci uniamo nel ricordo e nella gratitudine per questo grande emiliano romagnolo e italiano, punto di riferimento nella seconda metà del Novecento per cattolici e laici, voce di pace e testimone del rinnovamento conciliare, non solo per la Chiesa, ma anche per la cultura e la politica. Per Bettazzi la politica andava vissuta da noi laici impegnati nella società come l’espressione più alta della carità (intesa come amore agli altri, alla cosa pubblica e la bene comune), secondo l’insegnamento di Paolo VI». Tassinari ricorda Bettazzi ed i suoi insegnamenti come sacerdote di Bologna dal 1946 al 1963 e poi come vescovo ausiliare. «Inoltre, all’interno del movimento Pax Christi, di cui mons. Bettazzi fu presidente nazionale dal 1968 al 1985 e internazionale dal 1978 al 1985, ricordiamo il suo assiduo e fecondo impegno per la pace fra le persone e i popoli. I principi fondamentali della pace, vissuti e insegnati, basati sui valori cristiani, restano anche oggi per noi cattolici impegnati in politica una grande eredità da vivere. La cordialità di mons. Bettazzi, ereditata dalla madre con origini romagnole a Sarsina, la capacità di leggere la storia affinata durante il Concilio, lo sconfinato amore per la pace e il dialogo con le donne e gli uomini del suo tempo, restano per noi una preziosa eredità culturale di cui gli diciamo grazie».
Arturo Zani
Il sindacalista Cgil in pensione ed ex assessore alla cultura del Comune di Cesena Arturo Zani sottolinea il «Grande dispiacere».
«Se n’è andato un grande uomo, un vescovo che non si può non stimare. Gran spessore intellettuale, colto, semplice, di gran umanità ed amore per gli ultimi, i deboli, i poveri, gli operai, gli sfruttati. Un uomo di pace. Ebbi la fortuna di conoscerlo con don Tonino Bello alla marcia per la pace dei 500 a Sarajevo, nel 1992. Eravamo nello stesso pullman, durante tutto il viaggio, spesso per alleggerire la tensione ci raccontava le sue mitiche barzellette, anche sul papa. Ogni tanto lo andavamo a trovare ad Ivrea, abbiamo fatto alcune iniziative insieme su quella esperienza condivisa. Ho un ricordo curioso di quella serata a Gambettola organizzata col gruppo culturale Prospettive nel cinema parrocchiale: come sempre quando veniva invitato Bettazzi chiedeva di informare il vescovo della diocesi ed il parroco dove andava. Quando parlai col parroco mi disse che lo avrebbe ospitato volentieri e di informarlo di ciò. Lo feci ma lui rispose che preferiva venire a casa nostra per parlare un po’ e passare un po’ di tempo in convivialità. A me fece molto piacere ed informai di ciò il parroco. La voce in paese si diffuse, poi venni a sapere che la reazione più ricorrente fra i frequentatori della parrocchia fu di stupore: ma come, un vescovo veniva a Gambettola ed andava a mangiare e dormire da un comunista? Un miscredente? Non c’è più religione… Una gran persona che ho avuto l’onore di conoscere e di frequentare per un certo periodo. Lo pensavo con tanto affetto qualche mese fa mentre scrivevo un articolo per l’anniversario della marcia a Sarajevo. Una persona mite che ci ha dato tanto».