Amico immaginario: un sintomo di creativita’ per inviare “messaggi"

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Giorgio o Carlotta. Talvolta gli viene assegnato un nome buffo o addirittura il proprio: si tratta dell’amico immaginario, un’invenzione della fantasia di molti bambini, che potrebbe creare perplessità in alcuni genitori. Per sapere che cosa rappresenta e come rapportarsi a questo amico invisibile, rivolgiamo alcune domande alla dottoressa Annamaria Voci, psicologa e psicoterapeuta, esperta in età dello sviluppo attiva sul ravennate.

Dottoressa, che cosa spinge i bambini a crearsi un amico immaginario?

«Prima di tutto c’è bisogno di fare una premessa e ricordare che il pensiero dei bambini, a partire dai 3 anni e per tutto il periodo della scuola dell’Infanzia, ha una connotazione prevalentemente magica. È questo il periodo in cui la spiegazione del mondo viene affidata, in parte, alla fantasia e si susseguono bugie e verità, in un continuo passaggio tra vero e falso, reale e fantastico. Questo è il momento in cui i bambini incontrano il mondo esterno, entrano in una fase sociale, caratterizzata dall’incontro con i compagni, con le maestre e con le prime attività sportive o ludiche in gruppo. Qualche volta la realtà con cui si sperimentano potrebbe essere fonte di delusione, non corrispondendo ai bisogni percepiti e si creano “l’amico immaginario”.

Che cosa rappresenta l’amico immaginario per i bambini?

«L’amico immaginario può corrispondere a una parte di sé, potrebbe diventare il “colpevole”, colui che combina i pasticci; potrebbe rappresentare un modo per soddisfare le proprie esigenze, per comunicare dei messaggi ai genitori. Per esempio, non è insolito che un bambino sposti i suoi sentimenti sull’amico immaginario e una frase, come: “Lui si sente solo, perché la mamma e il papà stanno poco in casa con lui!” potrebbe rappresentare il vissuto del bambino, che riesce a comunicare ai genitori utilizzando l’amico immaginario come intermediario. Ciò che si viene a creare è una sorta di dialogo continuo tra identificazione e proiezione».

Non tutti i bambini hanno un amico immaginario, vero?

«L’amico immaginario sostituisce l’oggetto concreto, come l’orsacchiotto per esempio, che il piccolo si porta dietro e che utilizza nelle situazioni difficili e che è antecedente all’amico immaginario. Alcuni bambini sono più razionali e meno propensi a immaginarne uno, oppure sviluppano sin da subito la creatività in altri ambiti».

Quando scompare questo amico invisibile?

«Intorno ai 5-6 anni, quando si avvicina l’ingresso alla scuola primaria, il bambino compie un ulteriore passaggio a livello cognitivo e acquisisce maggiore consapevolezza. L’incontro con la realtà diventa sempre più diretto e l’immaginazione e la fantasia si spostano verso altre forme di creatività. Comincia a usare maggiormente i simboli, come il linguaggio, il gioco e il disegno».

Come reagiscono i genitori?

A volte i genitori sono spaventati, si chiedono perché il proprio figlio faccia così, ma l’amico immaginario corrisponde a una vera e propria forma di intelligenza. Va accolta e accettata da parte degli adulti questa tendenza del bambino, ma non va assecondata. Non va restituito al bambino come qualcosa di reale, non si chiede come sta l’amico immaginario e nemmeno si apparecchia per lui. Un’altra cosa che non si deve fare è deriderlo o denigrarlo, dicendogli di smetterla o parlarne criticandolo davanti ad altri. Lo si deve, invece, aiutare a integrare i diversi aspetti della realtà, a rapportarsi ai limiti che essa impone e a esprimersi autonomamente».

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