Nicholas Allievi, Massimo Ambrosini e il percorso del Cesena

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Finalmente il Cesena ha aggiunto qualcosa di diverso alla sua idea di gioco e ha vinto una partita importante senza giocare meglio dell’avversario. Da mesi aspettavamo risorse in più da una squadra che faceva sempre a gara a chi gioca meglio (e se non ci riusciva, non vinceva). Quelle risorse ora ci sono e le ha mostrate nel finale Pittarello, uno che ormai rischia un naso a partita giocando con spirito rugbista: mette la faccia dove altri non mettono nemmeno le scarpe.
L'Entella per struttura ed esperienza è simile al Modena: se segna per primo, addio. Ha cucinato diverse palle gol servendole nel vassoio dei piedi migliori che aveva, ma Schenetti non l'ha mai buttata dentro. Da qui in poi iniziano tutti i meriti del Cesena, tosto e compatto a navigare sulle onde di una partita importante e difficile. Allievi e Pogliano hanno appoggiato i mattoni sul gol di Ardizzone e quando due abbonati alla panchina sono i migliori in campo in una gara del genere, è il segnale che l'anima di squadra c'è, insieme ad una gamba apparsa in progresso.
Ieri non sono entrati in campo giocatori con un passato nel vivaio del Cesena (Ciofi squalificato, Berti non entrato), curiosamente nel giorno in cui la Primavera 2 dell’ottimo Giovanni Ceccarelli ha vinto il campionato. All'inizio del campionato c'erano dei dubbi sulla qualità della Primavera, poi sono arrivate le vittorie, quindi si è ricorsi al mercato invernale per rinforzare la squadra e negli ultimi mesi c’è stato l’obiettivo dichiarato di vincere. Ecco: un campionato giovanile con la missione di vincere è un qualcosa di anomalo per il mondo del Cesena.
Nel 2022-23 il torneo Primavera 1 sarà una bella palestra per i ragazzi e una vetrina importante per la società, ma il primo dovere di un vivaio resta costruire giocatori, mica vincere il campionato. Bravi Ceccarelli e i suoi ragazzi, ma il traguardo vero è un altro e ha come modello supremo la Primavera 1994-’95, con Davide Ballardini alla guida. Giocavano i classe 1976 e 1977 e le statistiche riportano un dato clamoroso: l’85% di quella rosa andò a giocare tra i professionisti. Qualcuno si ricorda di come finì il campionato di quel Cesena? Gli archivi in rete ci vengono in aiuto: 6° posto finale in uno dei 4 gironi. Alcuni nomi sparsi di quella squadra? Alex Calderoni in porta, poi Yuri Tamburini, Gianluca Zanetti, Fabrizio Albonetti, Simone Farabegoli, Andrea Farabegoli, Carlo Teodorani, Vincenzo Maenza, Omar Melizza, Angelo Affatigato, Massimo Ambrosini, Gianni Comandini. Breve test attitudinale: vi ha interessato di più leggere la posizione in classifica o l’elenco dei giocatori?
Per costruire un progetto sportivo, in un passato neanche troppo lontano, a Cesena si puntava a scopiazzare il Barcellona o l'Atalanta anche nel vivaio. In provincia è meglio semplificare le cose: servono dirigenti bravi e allenatori bravi. Il bello di tutto questo è che la competenza non ha categorie o una destinazione geografica: chiunque segue il calcio può raccontare di bravissimi dirigenti confinati in provincia o di incapaci totali con responsabilità nei grandi club. A dire la verità, questo accade per due motivi: 1) non sempre la meritocrazia emerge, 2) se c’è un mondo in cui tutti parlano male di tutti, beh, è quello del calcio.
Poi al di là del pettegolezzo spuntano quelli davvero buoni e di sani principi. Per esempio, sabato il Cesena va a Montevarchi, un club che ha un presidente che si chiama Angelo Livi. Qualche mese fa, in una trasmissione condotta dal romagnolo Alessandro Zauli, ha spiegato il suo piano tecnico per le squadre più giovani del suo settore giovanile: «A un bambino che vuole giocare a calcio, servono un pallone e un bravo allenatore che si ricordi di essere stato un bambino». L’ha spiegata talmente bene che dà quasi fastidio.

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