Alle grandi donne imolesi sono dedicate vie con il cognome dei mariti

Scienziate, benefattrici, donne dal pensiero innovativo. Sono tante le donne che hanno lasciato un segno nella storia di Imola. Paiono ancora di più se si pensa a quanti di quei nomi oggi restano nella memoria collettiva. Una prova lampante è che su 782 nomi di strade e piazze imolesi «solo 19 portano il nome di donne, e tra queste le imolesi sono appena 5 o 6, tra l’altro con nomi sbagliati», racconta Marco Pelliconi dell’Anpi di Imola.
Forse anche per questo la visita gratuita di sabato scorso nella parte monumentale del cimitero del Piratello per riscoprire le grandi donne imolesi lì sepolte organizzata dall’Anpi con il patrocinio della Commissione pari opportunità di Imola ha riscosso un grande successo. Tanto che gli organizzatori hanno dovuto organizzare una replica già sold out per il 12 marzo e una terza quasi al completo prevista per domenica 19 marzo alle 14 (prenotazioni 333 1229152).


Toponomastica

Tra le figure incontrate durante la visita sono praticamente tutte le donne a cui è stata intitolata una via a Imola: pochissime appunto. «Un piccolo scoop è che 2 di questi toponimi sono sbagliati, nel senso che indicano il cognome del marito secondo il diritto di famiglia del tempo.
Sono Gianna Paolini, che in realtà sarebbe Giovanna Rainieri, di cui è riportato addirittura il soprannome, e Paolina Liverani, il cui cognome da nubile era Gallerati – spiega Pelliconi –. Gallerati è stata una benefattrice, fece un’importante donazione al museo civico, a cui già il marito aveva contribuito con la collezione di uccelli». Giovanna Rainieri «èstata invece tra le responsabili della biblioteca circolante delle donne “Ponti”. La implementò e volle apportare un cambiamento allo statuto per permettere il prestito anche agli uomini con l’obiettivo dell’emancipazione culturale – aggiunge Daniela Martelli, che della visita ha curato gli aspetti architettonici –. I coniugi Paolini poi nel 1904 hanno fatto una importante donazione per il gabinetto di radiologia».


La scoperta dell’antitetanica

Proprio durante la visita, giunti al famedio in cui si trova da qualche anno la tomba di un grande nome imolese della storia della scienza, cioè Giuseppina Cattani (tra le prime iscritte al liceo Galvani di Bologna e laureate all’Alma Mater nonché protagonista della scoperta del siero antitetanico), si è fatta luce su un’inedita possibilità. È molto probabile che la donazione di Gallerati abbia contribuito al lavoro della Cattani, che nel 1904 era sicuramente a Imola a dirigere il reparto all’avanguardia di radiologia dopo gli studi bolognesi.


Storie dimenticate

Sono state una ventina le donne incontrate durante la visita. Tra queste “Sfinge”, pseudonimo della scrittrice Eugenia Codronchi Argeli, e la milanese Bianca Belinzaghi, legate da un’amicizia, forse d’amore, che portò la seconda Belinzaghi a donare alla biblioteca di Imola un fondo musicale di rilievo. Tra le donne della Resistenza, tra cui Livia Morini, Nella Baroncini e Nella Monduzzi, spunta un nome meno noto: «Fedora Farolfi. Ha una via intitolata, ma di lei si sa pochissimo. Morì perché si rifiutò di fare il saluto romano, picchiata a sangue e cosparsa di cenere», raccontano. «Non è stato possibile raccontare di tutte, faremo un’altra puntata», concludono gli organizzatori.

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