Allarme dopo le chiusure: le ragazzine si danno all'alcol

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Uno spinello getta nel panico quasi tutti i genitori. Una sigaretta o uno shottino di vodka fanno fare spallucce a tanti papà e tante mamme: peccato, è vero, ma considerato poco grave. Eppure per la legge sono comportamenti vietati: farsi una canna a qualunque età, bere alcolici o fumare sigarette fino al compimento dei 18 anni. Il risultato è che il consumo degli alcolici tra i minorenni cresce e l’età della prima “sbornia” si abbassa fino ai 12 anni. Le ragazzine poi, complici anche il lockdown della scorsa primavera e i bar chiusi durante l’inverno, hanno cominciato a bere, e davvero tanto, durante le videochiamate di gruppo. Secondo i dati diffusi dal ministero della Salute (in occasione dell’Alcohol prevention day 2021 che ricade ogni anno il 14 maggio), le 14-17enni hanno superato i coetanei maschi e sono il 30,5% dei consumatori di alcolici a rischio, contro il 28,4% dei ragazzi. «L’isolamento – secondo il ministero della Salute – ha portato a un incremento di consumo incontrollato, anche favorito da aperitivi digitali sulle chat e sui social network, spesso in compensazione della tensione conseguente all’isolamento, alle problematiche economiche, lavorative, relazionali e dei timori diffusi nella popolazione resa sicuramente più fragile dalla pandemia». Anche sul fronte del consumo degli alcolici non “ne usciremo migliori”.

Edoardo Polidori, direttore del Servizio dipendenze patologiche (Sert) di Rimini e Forlì, dal suo osservatorio che situazione rileva?

«Le restrizioni hanno finito per fare aumentare consumi e abusi un po’ su tutti i fronti. L’alcol, certamente, ma anche i social network, il fumo delle sigarette e quello di cannabinoidi. Non per tutti, per la verità: diciamo che ci sono persone che durante il periodo delle chiusure hanno approfittato per bere o fumare meno o per nulla mentre altre, tante, hanno iniziato ad abusarne maggiormente, non trovando altro di meglio da fare».

Nota anche lei un consumo maggiore tra ragazzine e ragazze?

«Non possediamo rilevamenti statistici in questo senso ma basta fare un giro per i centri storici delle città per notare quanto siano aumentati rispetto al passato i gruppetti di ragazze che bevono alcolici nei bar all’ora dell’aperitivo o più tardi».

A che età cominciano?

«Il tema è proprio questo: si dovrebbe cominciare a bere alcolici e a fumare sigarette a 18 anni, come impone la legge. Al contrario, dato che si tratta di comportamenti legali arrivati alla maggiore età finiscono per non spaventare i genitori se condotti precocemente. Poi va fatto un distinguo: bere un bicchiere di vino in famiglia, seguendo una sorta di educazione al consumo, è una cosa, abbuffarsi di alcol (il binge drinking, l’abbuffata alcolica di 6 o più bicchieri di bevande alcoliche in un'unica occasione, ndr) nei weekend come fanno i ragazzini è tutt’altra cosa. Alcuni partono dai 12 anni, altri dopo. Noi come Sert non abbiamo casi di dipendenza da alcol tra i giovanissimi in cura ma questo non significa che non ve ne siano».

Perché le ragazze bevono di più?

«Sono in atto grandi cambiamenti sociali. Certi comportamenti, un tempo tipicamente maschili, oggi sono diventati universali, tollerati anche per le ragazze che ora si sentono meno giudicate, più libere».

Che consigli si sente di dare ai genitori?

«Di stare molto attenti ai consumi di sostanze legali, alcol e tabacco: è con queste che si entra nel mondo delle dipendenze ma spesso, contrariamente a una canna, vengono sottovalutate. Vedo tantissimi giovani in età da prima superiore con la sigaretta in bocca: è vietato per legge ma accettato da quasi tutti».

I genitori che possono fare?

«Parlare con i propri figli, creare un clima di dialogo in famiglia. È fondamentale che un ragazzo possa confrontarsi con i genitori, non sentendosi giudicato o punito a prescindere».

Voi del Sert cosa potete fare?

«Intanto per potere fare qualcosa è necessario che i genitori si rivolgano al servizio pubblico: li invito a farlo. Ovviamente la modalità di intervento dipende da caso a caso. Non va problematizzato tutto per forza: può essere necessario l’intervento di un educatore, quello di un medico o di uno psicologo. Quello che è necessario per i genitori è tenere alta l’attenzione: non può mancare mai».

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