Alfredo Oriani offeso dai riminesi

Rimini

RIMINI. Per commemorare solennemente Giuseppe Verdi, nel trigesimo della morte, il Municipio di Rimini organizza per mercoledì 27 febbraio 1901 una straordinaria serata di musica verdiana al teatro Vittorio Emanuele con la partecipazione di alcuni cantanti di valore, di un coro formato da 100 voci e di un’orchestra di 60 professori tra i quali Edoardo Sarti, primo violino di Rimini. Il tutto sotto l’autorevole direzione del maestro Achille Abbati.
In cartellone spicca una miscellanea di “pezzi” tratti da "Aroldo", "Nabucco", "Simon Boccanegra", "I Lombardi", "La forza del destino" e "Traviata".
La scelta del relatore
Come relatore del «sommo maestro» viene scelto Alfredo Oriani, nonostante abbia la fama di persona taciturna, scontrosa e facilmente irascibile. «Un tein la pessa» è pronto a giurare chi lo conosce da vicino. Ma a parte queste valutazioni caserecce, il faentino è ritenuto un letterato geniale; un po’ pesantuccio e contorto, ma talentuoso. Poeta, romanziere e saggista la sua eclettica opera, animata da impeti anarchici e di rivolta contro la società e in polemica con il mondo politico, letterario e filosofico, non riscuote grandi consensi, è un soliloquio senza eco. Perennemente assillato dal problema della morte, Oriani è noto per aver dato alle stampe nel 1899 Vortice, romanzo di un certo interesse che descrive con efficacia l’ultima drammatica giornata di un suicida.
La folla per Verdi
All’appuntamento verdiano interviene una folla mai vista. Il Martello, nella cronaca del 2 marzo, rende l’idea dell’impressionante ressa: «Sembrava una fiumana che irrompesse da ogni parte. Alla porta del loggione la confusione era anche più grande. Si dovette attendere che il pubblico prendesse posto; non un palco, non uno scanno vuoto: la platea gremita, l’atrio gremito. Nessuno ricorda di aver mai visto un simile pienone. Peccato che la capacità del teatro abbia lasciato fuori tante centinaia di persone». L’incasso supera le 1900 lire.
Un successo strepitoso, ma prevedibile. I riminesi nutrono un amore sviscerato per l’opera dell’illustre compositore di Busseto, tant’è che in città si usa sostenere che la musica di Verdi «l’è cum e baghin: un gn’è gnint da butè via!».
Una dotta dissertazione
Dopo l’iniziale sinfonia dell’"Aroldo", ascoltata in religioso silenzio, è la volta del discorso introduttivo dell’Oriani, unico brano non musicale del programma della serata. Come al solito il faentino comincia la sua dotta dissertazione da lontano, vagando «nelle alte sfere della poesia e dell’arte». «La sua voce cadenzata e monotona – riporta Il Martello – non giunge al loggione ove il pubblico pigiato e irritato è impaziente d’udire le melodie verdiane».
Dopo qualche minuto scoppiano le prime manifestazioni di intolleranza. Nonostante i mormorii di disapprovazione l’oratore va avanti. E il nervosismo aumenta. Dal loggione qualcuno grida «Basta!». Partono i fischi. Oriani si ferma, attende il silenzio che non arriva, s’inchina e si ritira.
Un gruppetto di persone a ridosso del palco si indigna e con calorosi applausi obbliga il letterato a tornare sul palcoscenico. Questi riprende a parlare. Ma «invece di abbreviare il suo detto – ci fa sapere ancora Il Martello – ripiglia il filo della conferenza ed il loggione e parte della platea, dopo dieci minuti di benevola aspettativa» tornano a contestare. Gli ultras della musica verdiana diventano più insofferenti e rumorosi: protestano, fischiano, gridano di finirla, tirano insulti. E all’oratore saltano i nervi. L’abbandono questa volta è definitivo e accompagnato da polemici applausi.
Finalmente la musica
Dopo l’infausto discorso si ristabilisce la calma e inizia la musica. «Il pubblico – scrive L’Ausa il 2 marzo 1901 – la seguì con passione, tutta, e l’applaudì freneticamente e chiese ed ottenne la ripetizione di quasi tutti i pezzi». Protagonista della serata doveva essere solo Verdi.
Qualche settimana dopo questo atto di «inciviltà» il Municipio, per farsi perdonare, dona ad Alfredo Oriani un’artistica medaglia d’oro appositamente coniata da Nicola Farnesi di Lucca. «Da una parte, con lavoro veramente splendido – riferisce L’Ausa del 6 aprile 1901 che ne illustra il contenuto –, è inciso lo stemma del Comune circondato dal motto “Commemorazione di G. Verdi 27 febbraio 1901”, e dall’altra vi è in rilievo un ramo d’alloro con in mezzo la dedica: “Il Municipio di Rimini ad Alfredo Oriani per grata memoria”».
Il faentino accettò la medaglia e le “scuse”, ma a Rimini non mise più piede.

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