La mamma di Alessandro, il ricercatore di Longastrino ucciso in Colombia: “Mi manchi da morire, mi manca l’aria per respirare”

«Alessandro mi manchi da morire, mi manca l’aria per respirare. Mi manchi, mi manchi tantissimo». Ha scelto di non parlare, comprensibilmente, ma non può trattenersi da scrivere ciò che il cuore le rimbomba dentro.

Sono quelle le parole con cui la madre di Alessandro Coatti, il giovane ricercatore di Longastrino barbaramente ucciso e fatto a pezzi nei giorni scorsi nei pressi di Santa Marta, cittadina caraibica sulla costa colombiana nella quale era arrivato due giorni prima, cerca di affrontare quello che nessun altro genitore può nemmeno immaginare.

Non solo la dolorosa morte dell’unico figlio, ma la disperazione di aver compreso le brutali modalità dell’efferato omicidio a cui aggiungere, al contrario, quella di non sapere il perché. Forse vittima sacrificale di una rappresaglia, forse uno scambio di persona, forse un inconsapevole sgarro. Tutto può essere allo stato attuale, anche se la pista della banda paramilitare sembra essere quella più battuta.

La famiglia ha scelto il silenzio in attesa degli sviluppi delle indagini, alle quali peraltro dovrebbe partecipare una task force dei corpi speciali delle nostre forze dell’ordine. Tuttavia, è sul suo profilo che la madre non può trattenersi.

Del resto anche il messaggio postato l’altro ieri a corredo di alcune foto recenti faceva ben capire lo stato d’animo della famiglia, che non può rassegnarsi a questo tragico e inaudito destino: «Ciao amore mio, ti aspettiamo a casa. Mamma e papà».

E invece Alessandro Coatti non tornerà mai più in quella casetta dalle pareti rosa lungo via Bassa a Longastrino, quella in cui almeno un paio di volte all’anno tornava per stare con i genitori e rivedere gli amici di sempre. Proprio come era programmato per le imminenti festività pasquali.

Così come non rientrerà più dalla porta dell’hotel Marovi, quello in cui alloggiava e il cui braccialetto di riconoscimento ha permesso di dare un nome ai resti del giovane biologo chiusi all’interno di una valigia poi abbandonata. Da quell’albergo, peraltro, il giovane aveva preso un taxi sabato scorso. L’ultimo dato certo di cui si ha evidenza.

E allora potrebbe essere proprio il tassista a fornire preziosi elementi utili per mappare gli ultimi spostamenti di Coatti e restringere il cerchio. In realtà, come sembrano confermare i cronisti colombiani, il riserbo è tale che probabilmente molti passi sono già stati fatti e dunque è abbastanza scontato che il tassista sia stato il primo ad essere ascoltato.

Qualche altra informazione sulle sue tappe, inoltre, potrebbe arrivare dalla mappatura degli spostamenti del ricercatore che sia i genitori che due cari amici londinesi potevano monitorare costantemente.

Tuttavia, come ha rivelato lo zio del 38enne al Corriere Romagna l’altro ieri, l’ultima rilevazione non coinciderebbe con la meta annunciata da Coatti ai genitori qualche ora prima.

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