Un agguato alle porte della canonica, prima della messa. Accerchiato da un gruppo di fedeli, che lo spinsero contro il muro bloccandolo per alcuni secondi con frasi minacciose, per poi dileguarsi senza sapere che la telecamera del sistema di sorveglianza stava filmando tutto. A ripensare alla sera del 20 febbraio del 2021 don Luigi Gatti, ammette: «Stanotte non ho dormito sapendo che sarei dovuto venire in tribunale».
Il suo racconto assume i tratti della confessione di una guida spirituale che rimpiange il modo in cui, dopo quell’episodio, il suo mandato alla parrocchia di Santa Maria di Alfonsine volse al termine dopo appena tre anni dall’inizio dell’incarico religioso. Per la Giustizia, quella terrena, cinque persone sono chiamate a rispondere di violenza privata. Tra loro, un minorenne verrà giudicato dal tribunale dei minori, mentre altre tre persone hanno già risarcito con una lettera di scuse e mille euro a testa, estinguendo così il reato. Solo uno ha deciso di difendersi a dibattimento. Per quest’ultimo - un 27enne difeso dall’avvocato Luca Orsini - si è svolto ieri il processo davanti al giudice monocratico Cosimo Pedullà, che ha ascoltato in apertura del procedimento il racconto del sacerdote 73enne, costituitosi parte civile con l’avvocato Nicola Montefiori.
Che l’atmosfera non fosse serena nella parrocchia di don Luigi era cosa nota. Lo stesso parroco non ne ha fatto mistero ieri in aula. «C’erano certi sbarbatelli che pretendevano di comandare senza sapere niente - ha chiarito lui al giudice -, facevano propaganda anti-cultura. Non volevano perdere un’autorità che si erano guadagnati in 20 anni». Prima della sera del 20 febbraio di quattro anni fa c’erano state delle avvisaglie. Nulla però che lasciasse presagire quel violento faccia a faccia. L’episodio costò il posto a don Luigi. Ma sul perché della destituzione resta un velo di amarezza: «Ah, mi piacerebbe saperlo».