Un grigio plumbeo mai visto, la corsa per riparare alcune attrezzature, aiutati da un cliente arrivato per comprare verdure. In un attimo è l’infuriare degli elementi e Daniele, con sua moglie e l’improvvisato collega si riparano in un gabbiotto, dietro casa. Terrorizzati, vedono distruggersi sotto i loro occhi impietriti 29 anni di lavoro. Ieri hanno posizionato sotto al gazebo di vendita, attivo in via Reale ad Alfonsine, ciò che avevano raccolto in quel sabato, prima dell’apocalisse. Cocomeri, meloni, peperoni. Con un cartello: “Servitevi da soli, offerta libera”. «Era il raccolto per il primo mercato dell’anno, dopo le gelate e l’alluvione. Dovevamo vendere a Casal Borsetti, come facciamo sempre, intervallando con quello di Ravenna». A parlare è proprio Daniele Minguzzi, che in pochi minuti nel weekend scorso ha visto scoperchiarsi casa, capannoni, eradicarsi gran parte del meleto, volare via le sue 15 serre strappandosi come fossero pezzuole: «Frammenti delle armature li abbiamo ritrovati a 500 metri di distanza. Del resto qui – testimonia – il vento spirava a 200 chilometri orari. A quanto ammontano i danni? Se dovessi rimettere a posto tutto come prima, penso non mi basterebbe un milione». Finita l’Itis e diplomatosi perito tecnico, nel 1994 aveva posto le basi per rendere il più redditizio possibile i 3,5 ettari di proprietà. Varie colture per destinare tutto alla vendita diretta, sia nella piazzola prospiciente al campo che ai mercati di Ravenna e Casal Borsetti. Le sue fragole sono rinomate, ma vende asparagi, pesche, mele, prugne, pere, melanzane, pomodori. Tutta produzione propria. E infatti ieri, dopo che ha postato sui social la foto del cartello di vendita, le condivisioni sono state decine. Per lo più clienti affezionati, che ora vogliono aiutarlo. Perché sabato «era tutto pronto per il mercato – torna a spiegare Daniele –. Sì, era solo il primo dell’anno, perché dopo brina e alluvione e i collegamenti difficoltosi dati da un ponte pericolante vicino alla mia proprietà, ancora non avevamo fatto uscite. In quattro anni abbiamo avuto tre pesanti ghiacciate, che avevano pressoché azzerato la frutta. Poi, pur non avendo subito esondazioni, il nostro terreno si era imbevuto dell’acqua in eccesso del canale di scolo che passa tangente al nostro campo. Era così fangoso che molte piante sono collassate, rovinando gran parte del raccolto. Quest’anno avevamo perso le fragole, gli asparagi, gran parte dei peperoni ed era marcita la maggioranza del mais. Adesso speravamo di ripartire». Ecco il perché di quel cartello: «Ora i lavori da fare sono mille, non riusciamo a stare al chiosco di vendita. Quell’ultimo raccolto però non vogliamo vada da male, quindi lo esauriremo così. E se qualcuno – conclude Minguzzi _ lascia dieci euro, in questo periodo possono anche farci comodo». An.Ta.

Alfonsine, il tornado gli distrugge l’azienda, raccolto a offerta libera: “Era il primo dell’anno, un disastro”
