Alessandro Tamburini torna dopo 3 anni con "Ultimi miracoli"

A tre anni dal suo ultimo scritto, lo scrittore Alessandro Tamburini torna con la sua nuova raccolta di racconti: Ultimi miracoli (Pequod, 2022, pp.145, euro 16), in cui antieroi dei nostri giorni, trovandosi ad affrontare momenti cruciali o nodi irrisolti, superano le proprie fragilità. Otto racconti in cui occasioni mancate e attese rivincite fanno da sfondo agli agguati che il destino prepara in segreto.

Tamburini, da dove nascono questi nuovi racconti?

«Dall’osservazione della realtà, da quello sguardo curioso e intento a cogliere indizi di possibili storie. Il primo racconto, ad esempio, è quello di un giovane che, ritrovandosi a lavorare come assistente di un anziano signore, scopre che questo non è altro che un suo vecchio professore. Nasce sia da un mio vissuto, ma soprattutto da un episodio di vita quotidiana in cui, avendo visto un giorno un ragazzo in una situazione simile mi sono domandato: chissà che relazione c’è fra quel giovane assistente e quell’anziano, e ho sentito la necessità di scriverne a riguardo».

Ha alle spalle una lunga produzione sia di romanzi che di raccolte di racconti, quale predilige?

«Nella mia lunga produzione letteraria che ebbe inizio nell’88, penso di aver prodotto un numero pari di romanzi e racconti. La gestazione dei racconti è sicuramente più breve, ma attribuisco a entrambi le forme narrative uguale rilevanza. Mi piace descriverle tramite una metafora: il romanzo è come il mare, in cui ti avventuri e quando prendi il largo perdi la percezione del punto da cui sei partito, il periodo in cui lo si scrive è lungo e nel mentre possono succedere tantissime cose; il racconto invece come il porto è sempre sotto controllo».

I protagonisti di questi racconti sono definiti da lei antieroi: da cosa nasce l’idea di dare voce a queste personalità?

«Io non amo le situazioni straordinarie, preferisco mettere in luce la straordinarietà del reale. Definisco i miei protagonisti antieroi della società odierna perché sono personaggi qualunque: ho sempre preferito partire da personaggi dalla vita lineare piuttosto che da grandi figure, proprio come maestri di racconti tra cui Anton ČCechov e Raymond Carver facevano».

C’è uno dei racconti a cui è rimasto più legato, una storia degna di nota più delle altre?

«Questi otto racconti nascono da una selezione, perciò sono già per me più rilevanti rispetto ad altri. Una storia a cui però sono sicuramente affezionato è quella del meccanico, che ha una pretesa superiore a quella degli altri racconti: vuole prendere in considerazione un’intera esistenza. Mette in luce quel momento della vita in cui ognuno si rende conto di aver avuto per decenni un rapporto con persone apparentemente dall’importanza marginale, come può esserlo un meccanico, ma che sono in realtà di un’importanza inestimabile».

Con quale scopo ha scritto questo libro?

«Scrivere è per me diventata una consuetudine, un modo di stare al mondo, se dovessi parlare di scopo direi che è quello di indagare l’esistenza umana a partire dal mio vissuto per giungere poi a quello altrui. Sapere quale sia lo scopo dei propri scritti è un po’ come chiedersi quale sia lo scopo della vita, una domanda priva di risposta certa. Scrivere è sicuramente una necessità espressiva, il modo per rendere in parole ciò che più mi colpisce quando osservo la quotidianità».

Il libro deve essere letto in ordine cronologico?

«La composizione del libro ha un ordine ben studiato: sono due quartetti in cui partendo da due racconti lunghi si passa a due più brevi, il cui filo conduttore è la vita ordinaria dei protagonisti. Si passa poi ad altri due racconti di natura familiare, per concludersi con due racconti i cui protagonisti sono una coppia di profughi, figure considerate più che marginali. Ciò non toglie che il libro possa essere comunque letto nell’ordine che si preferisce».

Quale messaggio dovrebbe rimanere in chi legge il libro?

«La parola messaggio non mi appartiene molto, penso che nessun messaggio sia diretto, sicuramente scrivo per mostrare qualcosa della ricchezza, della complessità e della contraddittorietà della vita. Creo personaggi dalle cui storie si possa trarre uno strumento per conoscere la vita».

Due le presentazioni del libro in Romagna. Il 18 maggio alle 17.30 nella Biblioteca Malatestiana di Cesena con Antonio Maraldi. E il 16 giugno al castello malatestiano di Longiano.

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