Il lurido, il freddoloso, il solitario, il logorroico, l’indecisa, la sognatrice sono alcune delle strampalate figure che animano “Il teatro di bumbóz”, lavoro che debutta oggi al teatro Dimora (alle 21), figlio di una rinnovata residenza creativa ospitata all’Arboreto. Protagonisti: Gianluigi Toccafondo, pittore, illustratore, cineasta pluripremiato, nel ruolo di regista, Francesca Ghermandi, fumettista, qui creatrice dei pupazzi e delle scene, coadiuvata da Rosanna Lama, l’attrice e autrice Nicoletta Fabbri impegnata in scena con accanto Patrizia Ligis.
Ghermandi, a Mondaino siete tornati in residenza per mettere a punto “Il teatro di bumbóz” che prende spunto dal mondo poetico di Raffaello Baldini e dai suoi stravaganti personaggi. Perché per voi è così importante Baldini?
«Con Gianluigi ci siamo appassionati ai personaggi di Raffaello Baldini qualche anno fa. Leggevamo a voce alta le sue poesie e ci facevamo un sacco di risate immaginandoci questo e quello. A mano a mano gli davamo dei caratteri fisici, magari pensando a persone che davvero conoscevamo. Poi un giorno, a Santarcangelo, Fabio Biondi e Simonetta Piscaglia, del Cantiere Poetico, ci hanno proposto di pensare a qualcosa coi bambini delle scuole, magari provando a costruirlo nel teatro nel bosco di Mondaino. E da lì è partito tutto”.
Nella poesia di Baldini c’è connaturato il teatro ma voi questo aspetto lo avete esasperato, trasformando i protagonisti delle sue liriche in bumbóz veri e propri. In sostanza pupazzi, marionette, maschere come nella commedia dell’arte. È così?
«Gianluigi ha esperienze con il cinema e il teatro dell’opera, io la passione per la recitazione. Così abbiamo pensato inizialmente a una specie di spettacolo di marionette. Successivamente Fabio Biondi ci ha presentato un bumbòz in carne e ossa con lunga esperienza di teatro, che conosceva non solo il lavoro di Baldini ma anche il dialetto: Nicoletta Fabbri. È grazie a lei che siamo riusciti a rendere concrete quelle che erano solo idee. A noi si è poi aggiunta Rosanna Lama, che tra le tante cose ha contribuito a costruire suoni, luci e ha creato una giostra rotante di ombre cinesi”.
Lo spettacolo ha avuto una sorta di prologo a cui hanno preso parte i bambini delle scuole di Mondaino. Ora tutto è affidato agli adulti.
«Questa volta i bambini non ci sono più, anche se sono stati straordinari e la loro energia ci ha dato la spinta a non prenderci troppo sul serio e a tornare ad essere noi stessi bambini. In questa prova abbiamo voluto restringere il campo tornando all’idea iniziale delle marionette e lavorando soprattutto con le voci e i suoni, in modo da esaltare al massino i testi. Ora c’è un unico bumbòz, Patrizia Ligis, che con la sua ironia non ci ha pensato due volte a farsi coinvolgere e travestire. E con le luci ci aiuta Massimo Fabbri».
Pipistrelli e fantasmi vagano nella notte baldiniana e sono i protagonisti della prima scena. Poi arriva un tipo strampalato che anziché cacciarli via, come avrebbe voluto, si mette a parlare con loro. Chi è e che maschera gli fa indossare?
«Questo tipo strampalato è un guardiano che si ritrova in un magazzino abbandonato dove ci sono strane presenze che a mano a mano prendono corpo e si trasformano in personaggi pronti a raccontare le loro storie. Ci sembra una cosa buffa che, nel tempo, questo carattere si stia trasformando nello stesso Baldini che ha a che fare con la sua vasta schiera di personaggi”.
Le altre maschere come sono nate e che figure rappresentano?
«Rappresentano svariati suoi personaggi. Avremmo voluto metterne molti di più perché ci sembra che più sono e più tutta quell’umanità viene fuori. Ma sono tutti pazzi e si fa fatica a tenerli, per questo ci vuole un guardiano!».
Lei che è una fumettista e ha pubblicato molti libri e realizzato scene animate per spettacoli e non solo, qui è passata dal disegno a grandi maschere che indossandole prendono vita. Che differenza c’è, se c’è?
«Non c’è tanta differenza nella progettazione, si tratta sempre di sceneggiare delle storie e creare dei caratteri/personaggi. La principale differenza sta nel lavoro di gruppo, nel sapere esaltare e tenere unite tutte le nostre capacità per un unico lavoro. Chi disegna fumetti invece sta sempre da solo, segue i propri ritmi e si confronta poco. Naturalmente qui c’è il fatto che si passa dalla bi alla tri-dimensione, ma per me, quello di creare con le mani maschere, pupazzi, costumi è una passione che ho dall’infanzia e che avevo solo accantonato».
Progetti futuri a cui sta lavorando?
«Un piccolo corto e vari fumetti, tra cui un libro che uscirà la prossima settimana, titolo: “I misteri dell’Oceano intergalattico».
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